Il tumore della laringe

Revisione critica del testo: C. Bergamini (Struttura Complessa di Oncologia medica 3 – ‘Tumori Testa-Collo’, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori - Milano)
Aimac ringrazia AILAR - Associazione Italiana Laringectomizzati per aver contribuito in maniera gratuita alla realizzazione di questo libretto.
Prima edizione: settembre 2024
La laringe è un organo localizzato nella parte centrale del collo, appena al di sopra della trachea e davanti all’esofago. Rappresenta la prima parte dell’apparato respiratorio: inizia nel condotto alimentare (faringe) e continua con la trachea. L’aria che respiriamo passa dalla laringe attraverso la trachea fino ai bronchi e ai polmoni. La laringe è la sede delle corde vocali. Al passaggio dell’aria, le corde vocali vibrano ed emettono il suono che corrisponde alla voce di ogni individuo. La prominenza della laringe forma il cosiddetto ‘pomo d’Adamo’, quel rigonfiamento che è più evidente negli uomini specie se magri, meno nelle donne, nei bambini e nelle persone sovrappeso.
Nella laringe si possono individuare tre porzioni:
- porzione sovraglottica corrispondente alla parte superiore; è la parte più ricca di vasi linfatici che confluiscono nei linfonodi del collo e comprende anche l’epiglottide;
- porzione glottica corrispondente alla parte centrale in cui sono localizzate le corde vocali;
- porzione sottoglottica corrispondente alla parte che immette nella trachea.
Le dimensioni della laringe variano con l’età e con il sesso. Ciò spiega la differenza di voce che si ha nelle varie fasi della crescita e nei maschi rispetto alle femmine.
Il tumore della laringe è la neoplasia più frequente del distretto otorinolaringoiatrico, definito anche sinteticamente ORL oppure distretto testa-collo o distretto cervico-facciale. Ogni anno, circa 5.000 persone ricevono in Italia la diagnosi di tumore della laringe, una malattia che è rara nella fascia di età inferiore a 40 anni, più frequente al di sopra dei 60 anni. È più diffuso tra gli uomini, con una frequenza fino a dieci volte più elevata rispetto alle donne. Negli uomini, risulta localizzato più spesso alla porzione glottica; nelle donne, si sviluppa più frequentemente nella porzione sovraglottica.
Negli ultimi 10-15 anni si è assistito a un aumento della frequenza del tumore della laringe, ma parimenti anche a un aumento delle probabilità di guarigione, grazie a una diagnosi sempre più precoce e al miglioramento delle cure. La guarigione resta pur sempre correlata all’estensione della neoplasia, ma nei casi più favorevoli si raggiunge anche il 95%.
Nel 95% dei casi, il tumore della laringe ha origine dalle cellule epiteliali della mucosa che riveste la laringe. In questo caso, il tumore viene denominato carcinoma spinocellulare o squamocellulare o squamoso. Nel restante 5%, ha origine dagli altri tessuti presenti nel distretto, quali ad esempio ghiandole, tessuto muscolare, tessuto molle o tessuto linfatico.
Anche se non sempre sono note le cause per l’insorgenza di un tumore della laringe, certamente vi sono dei fattori di rischio che accrescono le probabilità di ammalarsi.
Tra questi, il fumo di tabacco è sicuramente il più importante: il tumore della laringe è, infatti, da 4 a 32 volte più frequente nei fumatori rispetto ai non fumatori. Il rischio di ammalarsi aumenta di pari passo con il numero di sigarette fumate al giorno e con il numero di anni da cui si fuma; diminuisce nei fumatori di pipa e sigaro e nelle persone che hanno smesso di fumare da oltre 5 anni. Per i fumatori accaniti, potrebbe essere consigliabile sottoporsi a visite otorinolaringoiatriche periodiche, una volta l’anno, dall’età di 50 anni in su. È, ovviamente, consigliato smettere di fumare alle prime avvisaglie di disturbi.
Anche il consumo di alcool può essere responsabile dell’insorgenza del tumore della laringe, con un rischio che aumenta in particolare negli individui che fumano e bevono contemporaneamente.
Fattori di rischio meno importanti sono l’uso non corretto o l’abuso delle corde vocali (ciò può avvenire in persone che parlano molto per motivi professionali); le cosiddette leucoplachie; l’esposizione professionale, con riferimento all’amianto e verosimilmente al nichel.
Più recentemente, tra i fattori di rischio della laringe comincia a emergere anche il papilloma virus umano (HPV), che si trasmette prevalentemente per via sessuale. Il virus si replica sfruttando le cellule della cute e delle mucose, favorendone una crescita eccessiva che può causare formazioni sia benigne, sia maligne. I tipi più pericolosi di HPV sono quelli che provocano nelle vie respiratorie lesioni tendenti a evolvere in maligne.
La laringe è una struttura molto delicata che, attraverso il movimento delle corde vocali, svolge le funzioni fondamentali per la vita di relazione di fonazione, deglutizione e respirazione. In presenza di un tumore, tali funzioni sono alterate e compaiono alcuni sintomi. Talvolta il primo segno di un tumore della laringe è l’aumento di volume di uno o più linfonodi situati nel collo, specie nella parte superiore. In genere, comunque, i sintomi variano a seconda della porzione di laringe in cui si è sviluppato il tumore e dell’estensione della massa tumorale:
Porzione glottica: la sede di origine più frequente è una delle corde vocali nella regione della glottide o delle sue immediate vicinanze. Il sintomo più frequente è rappresentato dalla voce rauca, nel linguaggio medico disfonia, a cui può associarsi il bisogno di doversi schiarire continuamente la voce. Tale disturbo è dapprima saltuario, poi tende a farsi più frequente e più intenso fino a trasformarsi in una mancanza completa della voce. Se il paziente si rende conto che la voce è cambiata, deve recarsi dal medico di base; se il sintomo persiste per 3-4 settimane e non va via, il medico di base gli prescrive degli accertamenti da fare in ospedale.
Porzione sopraglottica: in questo caso il sintomo più frequente è la disfagia per il coinvolgimento di quelle aree della laringe principalmente coinvolte nella deglutizione. La disfagia può indurre perdita di peso, data la progressiva difficoltà ad alimentarsi correttamente. Altri sintomi sono fastidio o vaga sensazione di corpo estraneo o dolore. Il dolore tende a peggiorare nel tempo: dapprima si manifesta solo quando si mastica o si deglutisce, poi diventa persistente, irradiandosi verso l’orecchio.
Porzione sottoglottica: sintomi tipici sono mancanza di respiro a riposo o sotto sforzo o importante difficoltà inspiratoria o presenza di una tosse cronica, eventualmente con espettorato con tracce di sangue.
Nei tumori che interessano la porzione sovraglottica e sottoglottica, la disfonia è un sintomo tardivo. Anche la difficoltà respiratoria è un sintomo tardivo conseguente all’ostruzione della laringe da parte del tumore, con conseguente impossibilità per il paziente di respirare. In casi sporadici, può essere necessaria una tracheotomia.
Pur tenendo presente che ciascuno di questi sintomi può essere più spesso causato da altre condizioni patologiche differenti dal tumore (perché del tutto simili al consueto mal di gola o perché i linfonodi ingrossati sono conseguenza di un’infiammazione delle vie aeree), se si rileva la presenza di uno di questi sintomi, recarsi al più presto dal medico di famiglia per un controllo: poiché tali sintomi potrebbero essere ‘sentinella’ di un tumore della laringe, è bene che non siano trascurati e che la diagnosi sia quanto più precoce possibile al fine di prevenire interventi demolitivi e altamente impattanti sulla qualità di vita del paziente. In altre parole: un’alterazione della voce presente da più di un mese merita una valutazione otorinolaringoiatrica.
Solitamente l’iter diagnostico comincia dal medico di medicina generale che, dopo la visita, prescrive gli accertamenti del caso e, se lo ritiene opportuno, suggerisce di consultare un otorinolaringoiatra per una valutazione più approfondita.
In ospedale, il medico che prende in carico il paziente dapprima raccoglie i dati relativi a malattie che ha avuto, trattamenti cui è stato sottoposto, stato di salute dei familiari e altre notizie, poi procede all’esame fisico, che include la palpazione dei linfonodi del collo.
Come per tutti i tumori, la diagnosi della malattia negli stadi iniziali aumenta le possibilità di guarigione e permette scelte terapeutiche che rendono possibile la conservazione della laringe e, conseguentemente, delle sue funzioni. Nello stesso tempo, le indagini permettono di escludere anche la presenza di un secondo tumore concomitante, come può accadere nei fumatori accaniti. È opportuno sottolineare che solo l'analisi al microscopio di un frammento del tessuto prelevato mediante una laringoscopia con fibre ottiche o a sospensione (vedi sotto) costituisce l'unica vera prova che si tratta di un tumore.
Gli esami di diagnostica per immagini, quali la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica (vedi Ulteriori esami per il tumore della laringe) risultano utili al completamento degli esami strumentali, soprattutto nei casi più avanzati di malattia.
Le metodiche descritte brevemente di seguito servono tutte per formulare una corretta diagnosi e il medico può decidere di sottoporre il paziente a una sola o a più procedure.
Laringoscopia indiretta
È una tecnica endoscopica che consente di visualizzare la laringe e le corde vocali tramite uno specchietto (laringoscopio). È il primo esame che il medico esegue quando sono presenti sintomi che inducono a pensare a una malattia della laringe. È pratico, rapido, poco costoso e nella maggior parte dei casi può offrire una discreta immagine della laringe e delle eventuali anomalie. Permette di valutare il movimento delle corde vocali sia in fonazione, sia durante la respirazione, e l’eventuale presenza di ulcerazioni o masse. È necessaria la collaborazione del paziente. Lo stesso esame può essere eseguito utilizzando il fibroscopio rigido, un tubo di piccolo diametro.
Laringoscopia con fibre ottiche
È una tecnica endoscopica che consente di visualizzare direttamente la laringe attraverso il fibroscopio, un tubo flessibile e sottile dotato di apparato illuminante, che il medico introduce attraverso il naso e fa scorrere attraverso la gola (faringe) fino alla laringe, potendo in tal modo visualizzarla ai suoi diversi livelli. È un esame ben tollerato dal paziente, che consente di individuare lesioni piccole e di eseguire biopsie.
Laringoscopia in sospensione
È l’esame più valido per la diagnosi definitiva, indispensabile nei casi non completamente risolti dall’uso delle fibre ottiche. Permette di individuare lesioni ancora più piccole e anche di eseguire interventi chirurgici, quali ad esempio la decorticazione, una sorta di pulizia delle corde vocali. Richiede l’anestesia generale e, pertanto, il ricovero del paziente.
Agoaspirato (sotto guida ecografica)
Quest’esame si esegue se il medico rileva un linfonodo del collo ingrossato allo scopo di saperne di più sulle caratteristiche dell’ingrossamento e definire la natura delle cellule tumorali (benigne o maligne). Si esegue ambulatorialmente o, se si ritiene sia meglio procedere sotto controllo ecografico per una maggiore precisione, nel reparto di radiologia. In anestesia locale, il medico introduce un ago sottile nel linfonodo e aspira un campione di liquido o di cellule, che viene quindi inviato in laboratorio per lo studio al microscopio da parte dell’anatomo-patologo.
NBI (Narrow Band Imaging)
Innovativa tecnologia ottica applicata all’endoscopia utilizzata presso alcuni centri specialistici, che mette in evidenza la vascolarizzazione della mucosa, consentendo di identificare non solo le lesioni neoplastiche, ma anche quelle sospette, non altrimenti visibili con la luce bianca usata dalla laringoscopia.
Se gli esami cui il paziente è stato sottoposto confermano la presenza di un tumore della laringe, è spesso necessario approfondire gli accertamenti per verificare se la malattia si è diffusa. Questo processo prende il nome di stadiazione. Dal suo risultato dipende la scelta del trattamento più indicato per il paziente. In alcune situazioni, questi stessi accertamenti possono essere ripetuti durante e dopo il trattamento per controllare l’andamento della malattia e gli effetti della terapia. Gli esami di diagnostica per immagini, quali la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica, risultano utili a completamento degli esami strumentali, soprattutto nei casi di malattia avanzata.
Tomografia computerizzata (TC)
È una tecnica radiologica che, partendo da tante inquadrature sequenziali dello stesso organo su piani successivi, produce delle immagini che, opportunamente elaborate da un computer, danno il quadro dettagliato delle strutture interne dell’organo esaminato.
Prevede la somministrazione di una piccola quantità di mezzo di contrasto a base di iodio per una migliore visualizzazione. Se si è allergici allo iodio o si soffre di asma non controllata, l’esame è preceduto da una breve preparazione a base di cortisone e antistaminici. È importante che i soggetti allergici informino preventivamente il medico per effettuare una terapia desensibilizzante volta a evitare il rischio di reazione al mezzo di contrasto.
La TC è di per sé indolore, ma è indispensabile rimanere sdraiati e immobili per qualche minuto. Di solito è consigliabile non mangiare né bere per almeno sei ore prima di sottoporsi all’esame.
Tomografia a emissione di positroni (PET-TC)
È una tecnica diagnostica molto sofisticata che combina la tomografia computerizzata (TC, vedi sopra) tradizionale con la tomografia a emissione di positroni (PET), che utilizza una bassa dose di zucchero radioattivo per misurare l’attività delle cellule nelle diverse parti del corpo. La PET fornisce informazioni di tipo funzionale, permettendo di visualizzare le aree ‘metabolicamente attive’, che, come tali, sono sospette per la presenza di cellule tumorali. La PET evidenzia anche lesioni sospette a carico dei linfonodi o degli organi a distanza.
Prevede la somministrazione in una vena (del braccio) di una piccola quantità di sostanza moderatamente radioattiva. L’esame vero e proprio inizia dopo circa un’ora e richiede mediamente 30-90 minuti. Di solito è consigliabile non mangiare per almeno sei ore prima dell’esame, ma è consentito bere acqua non zuccherata.
Si esegue anche nella fase dei controlli dopo le terapie per valutarne l’efficacia e stabilire se eventuali ‘masse’ residue contengono cellule tumorali.
Risonanza magnetica nucleare (RMN)
Questa metodica è simile alla TC (vedi sopra), ma a differenza di questa sfrutta i campi magnetici, invece dei raggi X, per ottenere immagini dettagliate delle strutture interne del corpo. La macchina è costituita da un magnete molto potente. Per tale motivo è necessario compilare e firmare un apposito modulo nel quale si richiede, tra l’altro, se si è portatori di pacemaker, clip chirurgiche, protesi, ecc. È altresì indispensabile dichiarare se si è lavorato nell’industria metallurgica poiché frammenti minuscoli di metalli potrebbero annidarsi nell’organismo. Se la presenza di qualunque corpo metallico sconsiglia l’esecuzione della RMN, si esegue un’altra procedura diagnostica. In alcuni casi si somministra un mezzo di contrasto per endovena, ma ciò di solito non provoca alcun fastidio.
La RMN è di per sé indolore, ma è necessario rimanere sdraiati e immobili per circa 30 minuti all’interno di un cilindro lungo e angusto, la qual cosa potrebbe dare fastidio a coloro che soffrono di claustrofobia. Durante l’esame si avverte inoltre un rumore di fondo intermittente e per alcuni fastidioso, che può essere evitato con l’utilizzo di apposite cuffie insonorizzate. L’esame viene generalmente utilizzato per lo studio dei tumori del distretto testa-collo per il maggiore potere di risoluzione rispetto alla TC.
A integrazione degli esami strumentali e in vista di un eventuale intervento chirurgico ricostruttivo potrebbe essere utile anche una visita pneumologica, soprattutto quando è nota la diagnosi di broncopneumopatia cronica ostruttiva che espone il paziente a rischio di sviluppare una polmonite da inalazione.
Stadio è un termine utilizzato convenzionalmente dai medici per descrivere le dimensioni di un tumore e la sua eventuale diffusione ad altri organi. Queste informazioni servono ai medici per stabilire qual è il trattamento più appropriato per il singolo caso.
Il sistema di stadiazione più utilizzato per il tumore della laringe è il cosiddetto TNM, ove T si riferisce alle dimensioni del tumore primitivo, N allo stato dei linfonodi adiacenti e M alla presenza di metastasi. Se il tumore si ripresenta dopo il trattamento, si parla di recidiva. I medici associano alle lettere T, N e M un numero che fornisce ulteriori informazioni sulle dimensioni e sulla diffusione del tumore: più alto è il numero, più avanzato è il tumore.
Tuttavia, esiste un altro sistema, più semplice, basato sostanzialmente su una numerazione progressiva. In genere, il tumore della laringe si classifica secondo quattro stadi:
- stadio 1-stadio 2: il tumore è in fase iniziale ed è circoscritto alla sola laringe;
- stadio 3-stadio 4: il tumore è in fase più avanzata (stadio 3: localmente avanzato, stadio 4: avanzato) e può aver compromesso il movimento delle corde vocali, può essersi diffuso al di fuori della laringe, coinvolgendo i tessuti adiacenti o i linfonodi del collo, oppure ad altri organi.
Come per la maggior parte dei tumori, le probabilità di guarigione dipendono dallo stadio della malattia e sono più elevate negli stadi iniziali.
Grading è un termine utilizzato convenzionalmente dai medici per descrivere l’aspetto delle cellule tumorali al microscopio e classificare i tumori in base al grado di differenziazione cellulare e alla rapidità con cui possono crescere. I tumori della laringe si classificano secondo tre gradi:
- grado 1: grado basso;
- grado 2: grado intermedio o moderato;
- grado 3: grado alto.
Nei tumori di grado 1, le cellule tumorali sono molto simili alle cellule normali, tendono a crescere lentamente e difficilmente si diffondono ad altri organi. Al contrario, nei tumori di grado 3, sono molto differenziate, tendono a crescere rapidamente e a diffondersi ad altri organi.
È importante sapere che il trattamento dipende dalla localizzazione, ossia dalla porzione di laringe interessata, e dallo stadio del tumore, come anche dalle condizioni generali del paziente.
Per la maggior parte dei pazienti, lo scopo del trattamento è rimuovere il tumore o provocare la morte delle cellule tumorali in modo da ridurre le probabilità che il tumore si ripresenti.
Per offrire al paziente le migliori probabilità di cura e la migliore conservazione delle funzioni laringee, la chirurgia, la radioterapia e, nei casi più avanzati, la chemioradioterapia possono essere impiegate sia singolarmente sia in combinazione.
Il trattamento di un tumore della laringe può compromettere parzialmente o completamente alcune funzioni, tra cui la voce, la deglutizione e la nutrizione.
Se il medico ritiene che durante il trattamento il paziente potrebbe avere difficoltà a deglutire e quindi ad alimentarsi, soprattutto per un lungo periodo, può proporgli di alimentarsi temporaneamente tramite un sondino, nello specifico un sondino nasogastrico, che viene introdotto dal naso fino allo stomaco tramite gastrostomia endoscopica percutanea (PEG) o gastrostomia percutanea sotto controllo radiologico (RIG) oppure chirurgicamente. È sempre il medico che ha in carico il paziente a stabilire se è necessario un supporto nutrizionale ed eventualmente di quale tipo. Il supporto nutrizionale è rimosso nel momento in cui il paziente è in grado di mangiare e bere in modo abbastanza normale per bocca. Se il paziente fa ritorno a casa con il sondino, i familiari ricevono istruzioni per l’igiene e la manutenzione.
Pianificazione del trattamento
Un’équipe composta da vari specialisti - tra cui un chirurgo specializzato nel trattamento dei tumori della laringe, un oncologo, un radioterapista, un radiologo, un medico specialista in medicina nucleare, un anatomo-patologo, un nutrizionista o un esperto di nutrizione clinica, un infermiere specializzato nel trattamento dei pazienti con tumore del distretto testa-collo, un fisioterapista e uno psicologo – elabora il piano di trattamento tenendo conto di vari fattori quali l’età e le condizioni generali del paziente, il tipo e lo stadio del tumore.
È bene assicurarsi di avere ricevuto tutte le informazioni sui diversi trattamenti proposti, che cosa comporta ognuno di essi e quali sono gli effetti collaterali. Potrebbe essere utile discutere dei pro e contro di ogni trattamento con i singoli specialisti o con l’oncologo di riferimento. Certamente, anche il medico di famiglia, che conosce bene il paziente e il suo contesto familiare, può partecipare alla scelta.
Il consenso informato
Prima di procedere a qualunque trattamento il medico ha il dovere di informare il paziente spiegandogli dettagliatamente lo scopo, il tipo, le modalità e la durata del trattamento consigliato; i suoi vantaggi e svantaggi, i rischi e gli effetti collaterali; eventuali alternative terapeutiche disponibili. Quindi, chiede al paziente di firmare un apposito modulo di consenso, con il quale autorizza il personale sanitario ad attuare tutte le procedure necessarie. Nessun trattamento può essere attuato senza il consenso del paziente.
Se le informazioni ricevute non sono chiare, il paziente ha il diritto di chiedere che siano ripetute e chiarite, perché è importante che abbia la consapevolezza di come il trattamento viene effettuato e di quali conseguenze avrà. Se ritiene di non essere in grado di decidere subito, può sempre chiedere che gli sia lasciato altro tempo per riflettere.
Il paziente ha anche il diritto di rifiutare il trattamento senza dover fornire alcuna spiegazione. In questo caso il medico gli spiega quali conseguenze potrebbe avere tale decisione, di cui si prende comunque nota nella documentazione clinica.
Le modalità di intervento chirurgico per i tumori della laringe dipendono dalla porzione di laringe interessata e dallo stadio del tumorestadio del tumore, nonché dalle condizioni generali del paziente. L’estensione dell’intervento chirurgico dipende dalla fase della malattia alla diagnosi: se è iniziale, l’intervento può essere conservativo, consentendo di preservare le funzioni della laringe (fonazione, respirazione e deglutizione); se è avanzata, la laringe deve essere asportata parzialmente o completamente.
Nei tumori in stadio iniziale, l’asportazione della lesione può essere eseguita per via endoscopica, una tecnica disponibile nei centri di alta specializzazione. In realtà, l’evoluzione delle tecniche chirurgiche degli ultimi anni consente di intervenire conservativamente anche per lesioni estese, lasciando l’asportazione totale della laringe, comprese le corde vocali, come ultima opzione.
Chirurgia per i tumori in stadio iniziale
Le tecniche chirurgiche più diffuse sono le seguenti:
Resezione transorale: si esegue in anestesia generale e richiede un breve ricovero in ospedale. Il chirurgo introduce attraverso la bocca un endoscopio, un tubo sottile e flessibile dotato di videocamera e di apparato illuminante, e lo fa scorrere fino alla laringe. La videocamera trasmette le immagini a un computer che le riproduce su un monitor. In questo modo il chirurgo può visualizzare chiaramente il tumore e guidare strumenti miniaturizzati per asportarlo. Questa tecnica non lascia cicatrici, riduce il rischio di effetti collaterali, come le difficoltà di deglutizione, e accelera i tempi di recupero.
Resezione transorale con laser CO2: tecnica mininvasiva che consente al chirurgo di orientare sul tumore un raggio laser per rimuoverlo con un piccolo margine di tessuto sano circostante in modo da essere certo di aver asportato tutte le cellule tumorali. Il laser può essere usato per arrestare ogni sanguinamento durante l’intervento. Questa tecnica causa meno problemi di deglutizione e fonazione rispetto alla chirurgia tradizionale; è riservata ai tumori iniziali localizzati nella porzione glottica e sovraglottica; richiede l’esecuzione di una tracheotomia temporanea e l’applicazione di un sondino nasogastrico per la nutrizione per 7-10 giorni.
Chirurgia robotica transorale (TORS): tecnica mininvasiva che si esegue con l’ausilio di un apposito robot che tiene in mano gli strumenti che il chirurgo controlla mentre è seduto alla sua console, lontano dal paziente. Le braccia del robot consentono al chirurgo di approcciare strutture anatomiche difficili da raggiungere, che diversamente richiederebbero interventi più invasivi, con più rischi per il paziente e più problemi nella fase di recupero. Il vantaggio è la riduzione del dolore postoperatorio, della durata della degenza e delle complicanze.
Dopo un intervento di resezione transorale il paziente può avvertire dolore, che viene trattato con la somministrazione di antidolorifici, e avere difficoltà a deglutire per un paio di giorni. Se l’intervento ha interessato una corda vocale, è possibile che la voce sia rauca. Per questo il medico chiede al paziente di non sforzarsi a parlare per qualche giorno. In alcuni casi, il cambiamento della voce può essere permanente. In tal caso, il logopedista può fornire consigli e supporto al paziente.
In casi rari, la resezione transorale può avere come effetti collaterali sanguinamento, infezione, danno ai denti.
Chirurgia per i tumori in stadio avanzato
Le tecniche chirurgiche più diffuse sono le seguenti:
Laringectomia parziale: intervento tramite il quale il chirurgo rimuove solo la parte di laringe interessata dal tumore. Può essere eseguita per via endoscopica oppure con un intervento tradizionale con incisione del collo. Nonostante la conservazione di una parte della laringe, il paziente può comunque avere voce rauca e difficoltà a parlare o deglutire. Prima dell’intervento il chirurgo e il logopedista spiegheranno al paziente dettagliatamente le modalità e le conseguenze dell’intervento.
Laringectomia totale: intervento tramite il quale il chirurgo asporta tutta la laringe, incluse le corde vocali, ed eventualmente anche i linfonodi del collo (su uno o su entrambi i lati). Si tratta, dunque, di una mutilazione importante, con conseguente perdita di alcune funzioni. In seguito all’eliminazione del collegamento tra bocca, naso e polmoni, il paziente è costretto a respirare e parlare in modo diverso: per respirare è confezionata una tracheostomia permanente, mentre per parlare, non avendo più le corde vocali che producono la voce, deve usare altri modi per comunicare; ad esempio, si può imparare a parlare con una ‘voce sostitutiva’, riuscendo comunque a farsi capire. L’intervento non ha, invece, alcun effetto sul collegamento tra la gola e l’esofago, per cui il paziente non ha difficoltà a deglutire liquidi e cibi, anche se nei primi giorni dopo l’intervento l’alimentazione è basata su cibi morbidi.
La tracheostomia permanente, il cui confezionamento è previsto durante la laringectomia totale, consiste nel praticare nella trachea, alla base del collo, un foro (stoma), attraverso il quale viene introdotta una cannula, per consentire al paziente di respirare. La cannula può essere rimossa entro un periodo più o meno breve, dopodiché lo stoma rimane di solito aperto senza problemi.
L’idea di uno stoma permanente può far paura, ma il paziente deve sapere che avrà tutto l’aiuto possibile dall’équipe di cura. Dopo l’intervento, gli viene insegnato come prendersi cura dello stoma, come proteggerlo per evitare infezioni, quali attività richiedono attenzione e quali è preferibile evitare, come gestire la cannula.
In alcuni casi, la laringectomia totale è seguita da radioterapia, talvolta associata a chemioterapia.
Dopo l’intervento
Il paziente viene normalmente condotto in reparto e incoraggiato ad alzarsi e a camminare quanto prima possibile.
Nei primi giorni del postoperatorio è normale accusare dolore o fastidio intorno alla ferita, che possono persistere per qualche settimana. Per controllare il dolore, saranno somministrati dei farmaci analgesici (di solito per via endovenosa). Se il dolore non si placa, il paziente deve informare al più presto l’ infermiere che lo assiste, o il medico curante se è già stato dimesso, in modo che possano essergli prescritti analgesici più efficaci e/o eventuali accertamenti del caso.
All’atto delle dimissioni viene fissato l’appuntamento per la visita di controllo. In tale occasione i medici informano il paziente sulla diagnosi, sullo stadio del tumore e sull’eventuale necessità di ulteriori trattamenti. È questo il momento giusto per discutere di eventuali problemi insorti dopo l’intervento, delle terapie cui dovrà sottoporsi e degli eventuali effetti collaterali.
Anche senza laringe e corde vocali è possibile tornare a parlare utilizzando tecniche alternative di emissione del suono ricorrendo a uno specifico addestramento (logoterapia) o all’impiego di speciali apparecchi (protesi fonatorie).
A seconda del tipo di intervento adottato, delle necessità di riabilitazione postoperatoria e delle condizioni generali, è possibile che il paziente necessiti di una terapia riabilitativa della deglutizione, come avviene spesso se l’intervento è stato conservativo. Qualora si renda necessario l’utilizzo di una protesi fonatoria, il paziente è indirizzato dal logopedista per essere seguito in quest’ambito.
Se l’intervento ha comportato l’asportazione dei linfonodi del collo, il sacrificio di strutture muscolari, vascolari e nervose, può essere talvolta necessaria una riabilitazione motoria.
Una volta a casa, il paziente deve riguardarsi per un po’ di tempo, riposare per recuperare le energie fisiche e mentali e seguire una dieta bilanciata. Avere cura di sé vuol dire anche evitare un’attività fisica stressante o sforzi fisici eccessivi (ad esempio sollevare pesi) per il tempo necessario alla ripresa.
La chemioterapia consiste nell’impiego di particolari farmaci detti citotossici o antiblastici allo scopo di provocare la morte delle cellule tumorali.
I chemioterapici sono somministrati a volte per via orale sotto forma di compresse, ma più comunemente sono iniettati direttamente in vena (somministrazione per endovena). In questo caso, la chemioterapia si riceve in regime ambulatoriale o di day hospital, ma talvolta potrebbe richiedere un breve ricovero di due-tre giorni. Ciascun ciclo di chemioterapia dura alcuni giorni ed è seguito da un periodo di riposo di alcune settimane per consentire all’organismo di superare gli effetti collaterali. Il numero totale di cicli dipende dalla tipologia di farmaci utilizzati, dalla risposta del tumore alla terapia e dalla gravità degli eventuali effetti collaterali.
Per il tumore della laringe, la chemioterapia può essere usata:
- prima della radioterapia (chemioterapia neoadiuvante o di induzione) allo scopo di ridurre il diametro del tumore e accrescere l’efficacia delle irradiazioni;
- insieme alla radioterapia (chemioradioterapia concomitante);
- nei casi di tumore avanzato, per tenere la malattia sotto controllo, alleviare il dolore e altri sintomi e mantenere la qualità della vita (intento palliativo).
I chemioterapici maggiormente usati per il trattamento del tumore della laringe sono cisplatino o carboplatino, 5-fluorouracile, docetaxel o paclitaxel. Si possono somministrare da soli oppure in associazione con la terapia a bersaglio molecolare o con l’immunoterapia nel caso di tumore ricorrente localmente o metastatico a distanza; il regime adottato (giornaliero, settimanale, trisettimanale) dipende principalmente dalle condizioni generali del paziente e dalle patologie concomitanti.
Per approfondireMaggiori informazioni sono disponibili nel libretto La chemioterapia Maggiori informazioni sul singolo prodotto antitumorale (come si somministra, quali sono gli effetti collaterali più e meno frequenti) sono disponibili sulle Schede sui farmaci antitumorali |
Le reazioni alla chemioterapia variano da soggetto a soggetto. Talvolta gli effetti collaterali potrebbero essere anche fastidiosi, ma di solito possono essere facilmente controllati con appositi farmaci. Gli effetti collaterali più comuni sono:
ridotta resistenza alle infezioni: se, da un lato, i farmaci provocano le morte delle cellule tumorali, dall’altro riducono temporaneamente la produzione di globuli bianchi da parte del midollo osseo, con conseguente aumento del rischio di contrarre infezioni. Il numero dei globuli bianchi di solito si normalizza prima del ciclo successivo di chemioterapia;
tendenza a sviluppare lividi o piccole emorragie (ad esempio dalle gengive): la chemioterapia può provocare un abbassamento delle piastrine;
anemia: se il livello dei globuli rossi si abbassa, il paziente si sente molto stanco e letargico, e può accusare anche mancanza di respiro;
nausea e vomito: ancorché fastidiosi, si possono controllare efficacemente con gli antiemetici;
caduta dei capelli: premesso che non tutti i chemioterapici causano la caduta dei capelli, se ciò avviene è importante sapere che i capelli ricresceranno nell’arco di 3-6 mesi dopo la conclusione del trattamento;
stanchezza e senso generale di debolezza;
infiammazione delle mucose della bocca e/o del tratto gastrointestinale: si può alleviare con la somministrazione di farmaci antinfiammatori, antidolorifici, antifungini e antibiotici in caso di infezioni concomitanti.
Ancorché fastidiosi e talvolta perfino invalidanti, la maggior parte degli effetti collaterali della chemioterapia scompare alla conclusione del trattamento.
Per approfondireMaggiori informazioni sono disponibili nei libretti La nutrizione nel malato oncologico, La fatigue, La caduta dei capelli |
La radioterapia consiste nell’uso di radiazioni ad alta energia per provocare la morte delle cellule tumorali, cercando al tempo stesso di danneggiare il meno possibile le cellule normali presenti nei tessuti circostanti al tumore. Il ciclo di trattamento si esegue presso il centro di radioterapia dell’ospedale con sedute che si effettuano di solito tutti i giorni con una pausa nel fine settimana. Il numero e la durata delle sedute dipendono dallo stadio della malattia e dalla finalità del trattamento (terapeutica o palliativa, v. sotto). Normalmente le radiazioni sono erogate dall’esterno da un’apposita macchina.
La radioterapia è spesso il trattamento di prima scelta per i tumori della laringe in stadio iniziale, talvolta in alternativa alla resezione transorale. In questo caso la finalità è curativa. Per i tumori più voluminosi, ma ancora confinati alla laringe, la radioterapia può essere associata ad altri trattamenti, per cui può essere effettuata:
- dopo l’intervento per eliminare eventuali cellule tumorali residue e ridurre il rischio di recidiva, da sola o in combinazione con la chemioterapia (chemioradioterapia). In ambedue i casi, si devono aspettare di solito 6-7 settimane per dare il tempo al paziente di riprendersi dall’intervento;
- in sostituzione della chirurgia, da sola o insieme alla chemioterapia;
- in combinazione con la terapia a bersaglio molecolare;
- per tenere la malattia sotto controllo, alleviare il dolore e ridurre le emorragie nella sede di malattia (intento palliativo).
Per trarre il massimo beneficio, la radioterapia deve essere pianificata molto attentamente. L’elaborazione del piano di trattamento comprende la centratura, ossia la demarcazione delle zone da irradiare, che si esegue per mezzo di una macchina detta simulatore perché simula i movimenti dell’organo da irradiare e della macchina con cui si erogano le radiazioni. Il simulatore consente al radioterapista di calcolare con precisione il volume e i limiti spaziali delle zone da irradiare. Per far sì che il paziente rimanga quanto più fermo possibile, viene confezionata appositamente per lui una maschera facciale, che ha lo scopo di tenere fermi la testa e il collo, consentendo comunque al paziente di respirare. Al termine della seduta di simulazione il radioterapista segna con inchiostro il campo di irradiazione mediante appositi tatuaggi sulla maschera.
Prima di ogni sessione di trattamento, il tecnico di radiologia posiziona correttamente il paziente sul lettino e verifica che sia comodo. Durante il trattamento, che dura solo qualche minuto, il paziente rimane solo nella sala, ma può comunicare con il tecnico che controlla lo svolgimento della procedura dalla stanza a fianco. La radioterapia non è dolorosa, ma si deve rimanere immobili fino al termine della sessione di trattamento. Un ciclo di trattamento può durare da 3 a 7 settimane; se la finalità è palliativa, il ciclo è di breve durata.
Le tecniche di radioterapia più utilizzate per il trattamento dei tumori della laringe sono la radioterapia con fasci a intensità modulata e la radioterapia volumetrica ad arco, che sembrano essere meglio tollerate e consentono di non danneggiare le strutture adiacenti.
Radioterapia con fasci a intensità modulata (IMRT): prevede l’utilizzo di un collimatore multilamellare: nel corso della seduta, le lamelle del collimatore si muovono sull’area da irradiare con una sequenza stabilita e controllata da un computer, mentre la macchina eroga il fascio di radiazioni. In questo modo è possibile conformare con grande precisione il fascio di radiazioni all’area da irradiare, consentendo l’erogazione di dosi più elevate di radiazione direttamente sulle cellule tumorali, riducendo di conseguenza gli effetti avversi rispetto alla tecnica tradizionale, tra cui la fastidiosa secchezza della bocca, dovuta alla minore produzione di saliva da parte delle ghiandole salivari, che invece la radioterapia con fasci ad intensità modulata consente di risparmiare.
Radioterapia volumetrica ad arco (VMAT): è una tecnica molto sofisticata che si differenzia dalle altre perché la testata del collimatore lamellare ruota continuamente durante l’erogazione del fascio di radiazioni, colpendo in tal modo il tumore da ogni angolazione con altissima precisione. Ciò riduce ulteriormente il rischio di colpire organi sani, con conseguenti potenziali effetti collaterali, ed abbrevia anche i tempi della seduta di trattamento.
Effetti collaterali
Gli effetti collaterali della radioterapia possono essere lievi o molto fastidiosi, a seconda della localizzazione del tumore, dell’intensità della dose erogata e della durata del trattamento. Possono comparire alcuni giorni dopo l’inizio o dopo la conclusione del trattamento. I più comuni sono senso di nausea e stanchezza, sintomi simil-influenzali, dolore a livello cervicale, reazioni cutanee, calo dell’appetito. La radioterapia alla laringe, e al distretto testa-collo in generale, può causare anche:
infiammazione della gola: la mucosa che riveste la gola può infiammarsi, gonfiarsi e dare dolore. Di conseguenza, si possono avere difficoltà a deglutire, mangiare e bere. La somministrazione di analgesici da assumere prima dei pasti può alleviare il fastidio;
difficoltà di deglutizione: possono comparire dopo 2-3 settimane di trattamento e se le radiazioni infiammano anche l’esofago, possono svilupparsi anche bruciore di stomaco e indigestione. Sono sintomi causati dall’infiammazione della gola dovuta alle radiazioni. Se compare tosse quando si mangia o si beve, ciò vuol dire che gli alimenti o i liquidi vanno nella trachea, con il conseguente rischio di infezione polmonare. È importante informare il medico curante se compaiono questi sintomi in modo che il paziente possa ricevere il supporto necessario, ad esempio consigliando di preferire cibi facili da deglutire e prescrivendo bevande ipercaloriche.
Le difficoltà di deglutizione possono persistere anche dopo la conclusione del trattamento, arrivando talvolta a compromettere l’alimentazione. In questo caso è estremamente importante informare il medico curante per assicurare al paziente un adeguato supporto nutrizionale ed evitare che perda peso.
Poiché le difficoltà di deglutizione possono comportare difficoltà ad alimentarsi con importante perdita di peso, prima di avviare la radioterapia, è consigliabile che il paziente sia sottoposto a valutazione dello stato di nutrizione e della capacità di deglutizione in modo da adottare un’opportuna prevenzione (modifica della dieta, posizionamento di sondino nasogastrico o, nei casi più complessi, di gastrostomia). L’esecuzione di specifici esercizi durante il trattamento consente di ridurre il disturbo, favorendo una migliore conservazione della deglutizione. In casi estremi, è necessario comunque ricorrere alla laringectomia totale per ripristinare la corretta canalizzazione ed evitare la polmonite da inalazione;
secchezza del cavo orale: se la radioterapia raggiunge le ghiandole salivari, la produzione della saliva potrebbe diminuire. La conseguenza è la sensazione di bocca e gola asciutte, per cui il paziente può avere difficoltà a mangiare, bere e parlare. È importante lavarsi i denti con uno spazzolino morbido e chiedere consiglio al medico curante in merito all’opportunità di utilizzare un collutorio. Anche bere regolarmente piccoli sorsi d’acqua può alleviare il fastidio. Mantenere la bocca umida aiuta a prevenire le infezioni. La secchezza del cavo orale può persistere per diversi mesi e talvolta può essere permanente;
addensamento della saliva: la radioterapia può modificare la consistenza della saliva, rendendola più densa, appiccicosa, filamentosa. In questo modo, il flusso diventa difficoltoso, con conseguente accumulo di saliva all’interno della bocca e in gola, per cui si avverte spesso il bisogno di ‘sputare’ per eliminare il fastidio. Per questo è bene avere sempre con sé dei fazzoletti di carta, oltre a fare sciacqui orali e bere acqua regolarmente. Quest’effetto collaterale migliora nel giro di un paio di mesi dalla fine della radioterapia, ma talvolta dura più a lungo;
modificazioni della voce: il trattamento del tumore della laringe può rendere la voce rauca e flebile, un effetto che può peggiorare durante la radioterapia. Se ciò succede, non sforzarsi di parlare, bere abbondantemente ed evitare i posti in cui si fuma. La voce migliorerà lentamente alla conclusione del trattamento;
difficoltà di respirazione: la radioterapia alla laringe può causare un gonfiore in gola, con conseguente difficoltà di respirazione, ma ciò avviene molto raramente. In ogni caso, è sempre importante informare il medico curante che adotterà i provvedimenti più opportuni, anche ricorrendo alla tracheostomia (v. pag. …), ma si tratta di un’evenienza molto rara;
edema persistente della laringe: richiede controlli endoscopici periodici accurati, perché potrebbe causare soffocamento;
alterazioni cutanee: quali infiammazione, prurito, perdita di barba;
danni dentari e necrosi mandibolare: quando l’irradiazione coinvolge i denti, il paziente deve essere sottoposto a un accurato controllo odontoiatrico comprendente tutti gli eventuali trattamenti necessari, data la maggiore probabilità di insuccesso durante la radioterapia e l’eventualità di gravi infezioni mandibolari dopo la sua conclusione. Per limitare i danni dentari è bene attuare un’accurata igiene orale e fare uso di collutori specifici. La necrosi mandibolare può essere causata da un’incongrua estrazione dentaria, temporalmente troppo vicina alla fine della radioterapia, con una dose di irradiazione abbastanza elevata (55-59 Gy), ma non è un evento frequente;
danni alla masticazione: sono dovuti alla sclerosi dei tessuti molli e dei muscoli della masticazione, nonchè al danno dell’articolazione temporo-mandibolare;
compromissione della funzione della tiroide: la radioterapia sul collo può ridurre la produzione degli ormoni tiroidei, con conseguente rallentamento di importanti funzioni vitali;
stenosi carotidea: il restringimento anomalo dell’arteria carotide può determinare un aumentato rischio di eventi cerebro-vascolari; il paziente con problemi vascolari noti a questo livello viene sottoposto a opportuni accertamenti e, se necessario, trattamenti anche prima di iniziare la radioterapia.
Una nota con riferimento al paziente portatore di pacemaker o defibrillatore: prima di iniziare la radioterapia, è prevista un’attenta valutazione cardiologica e l’elaborazione del piano del trattamento comprende un calcolo accurato della dose assorbita dal dispositivo. Se risulta elevata al punto da comprometterne potenzialmente il funzionamento, può essere necessario considerare strategie terapeutiche alternative.
È possibile che in futuro abbia un ruolo anche l’adroterapia; i dati preliminari di alcuni studi in corso, infatti, indicano i potenziali benefici di questa radioterapia nelle fasi precoci della malattia, assicurando un buon controllo locale della malattia e provocando meno effetti collaterali rispetto alla radioterapia tradizionale.
Per approfondireMaggiori informazioni sulla radioterapia sono disponibili nel libretto La radioterapia |
Le terapie a bersaglio molecolare hanno origine dalle ricerche più recenti. Il loro particolare meccanismo di azione si basa sulla capacità di legarsi specificamente ai bersagli molecolari identificati nelle cellule tumorali, da cui la definizione di terapie ‘mirate’. Ciò ne rende altamente selettiva l’azione, lasciando del tutto inalterate le cellule normali, contrariamente a quanto avviene con la chemioterapia ‘classica’. Le terapie a bersaglio molecolare possono essere utilizzate se nelle cellule tumorali o, in alcuni casi, nel sangue o in altri campioni biologici prelevati dal paziente si rileva la presenza di alcuni specifici ‘marcatori’ diagnostici, che, a loro volta, sono indicativi della presenza, nel tumore, di uno o più bersagli molecolari. Se questi sono assenti, il paziente non può essere sottoposto alla terapia a bersaglio molecolare e viene, pertanto, trattato con le terapie disponibili più adatte al suo caso.
I farmaci a bersaglio molecolare sono iniettati direttamente in vena (somministrazione per endovena). La terapia si riceve in regime ambulatoriale o di day hospital. Ciascun ciclo di terapia dura alcuni giorni ed è seguito da un periodo di riposo di alcune settimane per consentire all’organismo di superare gli effetti collaterali. Il numero totale di cicli dipende dal tipo di farmaco utilizzato, dalla gravità degli eventuali effetti collaterali e dalla risposta del tumore alla terapia.
Per il trattamento del tumore della laringe si usa un farmaco a bersaglio molecolare chiamato cetuximab (Erbitux®), appartenente alla classe degli anticorpi monoclonali. L’azione di questi farmaci è mirata contro alcune proteine, denominate recettori, presenti sulla superficie delle cellule tumorali. In alcuni casi, cetuximab può essere associato alla radioterapia, nel caso in cui la chemioterapia con cisplatino non sia indicata per età e condizioni generali del paziente; può anche essere associato alla chemioterapia, ad esempio con cisplatino e 5-fluorouracile, nella malattia ricorrente/metastatica.
Gli anticorpi monoclonali sono molto ben tollerati, per cui gli effetti collaterali sono molto limitati, ma sporadicamente possono manifestarsi mal di testa, febbre, brividi, capogiri, diarrea, nausea, vomito. Molto comune è un’eruzione cutanea che può comparire due settimane dopo la prima somministrazione e che richiede trattamenti specifici.
Per approfondireMaggiori informazioni sulla terapia a bersaglio molecolare sono disponibili su: La Medicina Oncologica Personalizzata: informazioni per il paziente |
Lo scopo dell’immunoterapia è di stimolare la risposta del sistema immunitario dell’organismo contro le cellule tumorali, puntando la loro azione su specifiche caratteristiche genetiche. I farmaci immunoterapici sono iniettati direttamente in vena (somministrazione per endovena). La terapia si riceve in regime ambulatoriale o di day hospital. Ciascun ciclo di immunoterapia dura pochi minuti ed è seguito da un periodo di riposo di alcune settimane per consentire all’organismo di superare gli effetti collaterali. Il numero totale di cicli dipende dal tipo di farmaco utilizzato, dalla risposta del tumore alla terapia e dalla gravità degli eventuali effetti collaterali.
Gli immunoterapici utilizzati per il trattamento del tumore della laringe sono nivolumab e pembrolizumab, entrambi appartenenti alla classe dei cosiddetti inibitori del checkpoint. Questi farmaci bloccano l’attività di una proteina che a sua volta blocca l’attività delle cellule T del sistema immunitario, che in questo modo possono contribuire anch’esse a provocare la morte delle cellule tumorali, favorendo al contempo la riduzione delle dimensioni del tumore o impedendone la crescita. Nivolumab e pembrolizumab si somministrano entrambi per infusione in vena.
Nei casi di tumore della laringe metastatico, l’immunoterapia può essere somministrata da sola o in combinazione con la chemioterapia, purchè il tumore della laringe esprima un alto livello della molecola bersaglio PD-L1.
I farmaci immunoterapici sono in genere molto ben tollerati, ma talvolta possono causare effetti collaterali tra cui: stanchezza, eruzione cutanea, disfunzioni della tiroide, diarrea, mancanza di respiro e tosse. A volte, possono indurre una reazione abnorme del sistema immunitario contro altre parti dell’organismo. Si tratta di un effetto collaterale raro, ma che può avere serie conseguenze su polmoni, fegato, pancreas e intestino, come anche sulle ghiandole che producono alcuni ormoni.
È il medico curante a informare il paziente su quale farmaco è più adatto al suo caso e sugli eventuali effetti collaterali che potrà sviluppare. La cosa importante è che, nel caso in cui il paziente ritenga di avere degli effetti collaterali, lo segnali immediatamente al medico curante, affinché possa adottare i provvedimenti più opportuni.
Nei primi giorni dopo l’intervento, il paziente si alimenta tramite un sondino nasogastrico, attraverso il quale vengono somministrate ‘pappe’ nutritive. Un’apposita pompa dosa la quantità di pappa da mandare nello stomaco in un’ora’. Il sondino può essere utilizzato anche per somministrare acqua e altri liquidi tramite iniezione con una grossa siringa. Il sondino viene rimosso dopo una decina di giorni circa, dopodiché il paziente può riprendere la normale alimentazione iniziando dapprima con cibi semisolidi, mangiando con calma, senza fretta, cercando di dare la spinta per ingoiare il cibo senza timore; infatti, la faringe, nel tratto congiunto con l’esofago, deve acquistare una certa elasticità per permettere la ripresa della normale deglutizione.
Alla fine, il risultato è quello di poter mangiare esattamente come prima e senza nessun problema. Bisogna unicamente adottare delle piccole precauzioni, come evitare cibi troppo caldi o troppo freddi e anche quelli molto piccanti, e non bere alcolici, specialmente quelli ad alta gradazione. Inizialmente, al paziente può sembrare che i cibi abbiano un sapore diverso e che non percepisca più gli odori. Si tratta solo di un’impressione iniziale, perché con l’esercizio e la pratica quotidiana imparerà a sentire odori e sapori come prima. Imparerà anche a soffiarsi il naso, e molti laringectomizzati riescono anche a fischiare. È tutta questione di applicazione ed esercizio, ma soprattutto di pazienza.
Come già accennato, il paziente appena laringectomizzato non è più in grado di esternare con le parole pensieri ed emozioni. Purtroppo, d’ora in poi sia il riso che il pianto saranno muti, silenziosi.
Occorre, comunque, mettere da parte l’ansia di parlare e, soprattutto, bisogna evitare di bisbigliare. È l’errore più grave che un laringectomizzato possa commettere; questo comportamento, infatti, porta ad assumere un modo di parlare scorretto - la parlata a ‘paperino’ - che nella fase di riabilitazione alla parola crea notevoli impedimenti.
In questa fase è molto importante focalizzare il pensiero sul fatto che è stata risolta una grave malattia e che, d’ora in avanti, sarà possibile proseguire la propria vita come prima. Quindi è bene comunicare scrivendo, in attesa di iniziare la fase di apprendimento della nuova voce, sia essa esofagea o faringea, in base alle inclinazioni personali di ciascuno.
Può essere molto utile anche il supporto di persone ‘che ci sono già passate’ o che stanno affrontando lo stesso percorso, sia in semplici colloqui individuali sia nell’ambito di gruppi di auto-mutuo-aiuto. È proprio tra i passaggi della diagnosi, dell’intervento chirurgico, della degenza ospedaliera e del ritorno a casa che s’inserisce la figu a e il ruolo dei volontari maestri rieducatori di AILAR (Associazione italiana laringectomizzati), che da oltre settant’anni assiste e supporta i pazienti affetti da tumori del distretto testa-collo. I maestri rieducatori di Ailar sono ex pazienti e buoni parlatori, attivi e protagonisti nelle loro molteplici vesti di testimoni e so-stenitori della possibilità di tornare a parlare anche dopo l’asportazione della laringe e di riprendere il proprio posto nella vita lavorativa, affettiva e relazionale.
Nella fase postoperatoria può essere molto utile la app “La mia voce” (scaricabile da Apple store e Google Play) da installare sul proprio telefonino. Dotata della tecnologia text-to-speech, aiuta a pronunciare le parole che si scrivono e alcune preimpostate.
La gestione dello stoma
Lo stoma deve essere sempre mantenuto protetto. Al ritorno a casa si possono utilizzare dei bavaglini, di garza o di cotone, del tipo a girocollo, che sono più gradevoli dal punto di vista estetico rispetto alle garze bianche di tipo ospedaliero. Alcuni uomini utilizzano dei foularini ascot, ma nulla vieta l’uso della cravatta. L’unico accorgimento è quello di usare camicie con il collo di una misura un po’ più grande del necessario per consentire un buon flusso d’aria allo stoma. Per le donne nel periodo invernale il problema si risolve più facilmente con maglie a collo alto, mentre nel periodo estivo si possono usare foularini vezzosamente fermati da spille. In tutti i casi è bene applicare davanti allo stoma un cerotto filtro, cosiddetto naso artificiale, per prevenire l’infiltrazione di polveri varie nella trachea e quindi nei polmoni. Un aspetto curato aiuta il paziente a riprendere con più grinta la vita di ogni giorno.
Dal punto di vista igienico, è bene tenere pulita la pelle attorno allo stoma per evitare problemi di infezione; a tale scopo si possono usare acqua ossigenata, amuchina o altro disinfettante cutaneo.
Accorgimenti importanti per la vita quotidiana
Evitare:
- ambienti fumosi e polverosi
- esposizione a correnti d’aria
- ambienti surriscaldati o comunque con temperature elevate
- permanenza in spiaggia quando il vento solleva la sabbia
Preferire:
- ambienti puliti e ben arieggiati
- ambienti ben umidificati e con temperature non elevate per limitare la formazione di secrezioni dense e crostose e di tappi di muco all’interno della cannula;
- abbondante idratazione per bocca per facilitare la rimozione delle secrezioni respiratorie;
- prendere il sole rimanendo sotto l’ombrellone o indossando un cappello a falde molto larghe, avendo cura di proteggere sempre lo stoma e di ripararlo dai raggi solari.
Altre attività quotidiane che richiedono particolari attenzioni:
- tenere pulito lo stoma detergendolo delicatamente con una spugnetta umida onde asportare eventuali incrostazioni attorno alla parte esterna. Durante quest’operazione, è bene espirare con forza e con continuità tutta l’aria dai polmoni per evitare che qualche particella entri dallo stoma;
- quando ci si rade o si usano borotalco o lacca per capelli, coprire lo stoma con apposite garze per evitare la penetrazione di peli, acqua o sostanze chimiche irritanti. Se si usa il rasoio tradizionale, partire sempre dalla base del collo risalendo verso il mento;
- quando si fa la doccia, coprire lo stoma con apposite garze per evitare che vi penetri acqua; a questo scopo, tenere la testa china e regolare il getto d’acqua in modo che non sia eccessivamente forte;
- quando si fa il bagno, non immergersi oltre l’altezza del torace; evitare che la temperatura dell’acqua sia troppo elevata, dato che il vapore potrebbe creare difficoltà respiratorie;
- evitare di spruzzare profumi sul collo davanti allo stoma, se non adeguatamente protetto, e mai comunque sulle protezioni o sulla parte degli indumenti che lo proteggono;
- nel periodo invernale, fare uso di sciarpe per evitare di respirare aria troppo fredda quando ci si trova all’esterno;
- lavarsi spesso i denti per evitare l’alito pesante e migliorare le capacità gustative.
La gestione della cannula
La cannula deve essere tenuta con cura, pulita e sterilizzata mediante semplice bollitura o lavaggio. Soprattutto nel periodo iniziale, infatti, la sua presenza può dare un certo fastidio, che a sua volta stimola un po’ di tosse e, quindi, la secrezione di muco nella trachea e nei bronchi, nei quali ora, mancando la laringe, l’aria arriva direttamente senza essere più filtrata, riscaldata e umidificata come prima. In alcuni casi, a seguito dei colpi di tosse, si potrebbe notare la presenza di qualche piccola striatura di sangue nel muco espulso: è un fenomeno che non deve preoccupare perché è dovuto alla rottura di qualche piccolo capillare.
L’infermiere insegna al paziente come effettuare la pulizia della cannula. È necessario provvedere più volte al giorno anche alla pulizia della controcannula, che ha proprio lo scopo di liberare la cannula dalle secrezioni senza doverla rimuovere ogni volta.
Trascorso un primo periodo dopo l’intervento e dopo l’eventuale trattamento radioterapico, può iniziare la fase della riabilitazione vocale.
La produzione della voce richiede una fonte di onde sonore e un mezzo che le trasformi in parole. Le onde sonore sono rappresentate dalle vibrazioni prodotte dalle corde vocali, la trasformazione in parole è operata da lingua, palato e labbra. I pazienti laringectomizzati hanno subito anche l’asportazione delle corde vocali, ma possono parlare di nuovo se si fornisce loro una nuova fonte di vibrazioni, poiché lingua, palato e labbra sono ancora capaci di trasformarle in parole.
Esistono varie scuole gratuite presso cui possono ricevere la riabilitazione di cui hanno bisogno, recuperando in tal modo serenità e gioia di vivere.
Le tecniche per produrre vibrazioni sonore sono tre e tutte insegnano ad articolare il suono in voce a partire da faringe (gola), palato, lingua, denti e labbra:
voce esofagea: il paziente impara a ingoiare aria nell’esofago inspirandola dalla bocca ed espellerla, come in un rutto, per produrre un suono. Non richiede alcun trattamento chirurgico o accessorio meccanico; è difficile da imparare e può essere difficile da far apprendere;
puntura o fistola tracheoesofagea: prevede l’inserimento di una valvola monodirezionale in un foro creato chirurgicamente tra la trachea e l’esofago. Attraverso lo stoma, l’aria penetra nella trachea e attraverso la valvola viene deviata all’interno dell’esofago, con conseguente produzione di un linguaggio agile e fluido. Richiede molta collaborazione e allenamento da parte del paziente, oltre a una pulizia quotidiana della valvola, che deve essere sostituita dopo qualche mese. Con alcune valvole il paziente deve bloccare l’apertura della trachea con un dito per poter parlare. In caso di malfunzionamento della valvola, vi è il rischio che cibi e liquidi possano accidentalmente entrare nella trachea, per cui la valvola richiede un’adeguata manutenzione;
elettrolaringe o laringofono: si tratta di un dispositivo a batteria che produce vibrazioni e agisce come sorgente di suoni quando premuto contro sotto il mento. Facile da usare, richiede un minimo addestramento, tuttavia produce un suono metallico artificiale, che limita la comunicazione in ambito sociale.
Inizialmente il paziente forse non avrà le energie per fare questi esercizi, ma non si deve mai abbandonare allo sconforto, perché molte persone sono riuscite a tornare a partecipare pienamente alla vita sociale. Deve sapere che alla fine riuscirà di nuovo a parlare, anche se in un modo diverso rispetto a prima. È importante resistere alla tentazione di isolarsi. Serve continuare a coltivare gli interessi e le attività che procurano piacere.
Consigli pratici
Qualunque sia la tecnica prescelta per il recupero del linguaggio, è bene che la mattina, subito dopo il risveglio, il paziente esegua alcuni semplici esercizi per affrontare al meglio la giornata e raggiungere buoni risultati con la nuova voce. Ad esempio:
- fare impacchi caldi al collo con l’ausilio di due spugnette immerse in acqua calda e poi strizzate. Ciò procura una vasodilatazione all’altezza delle cicatrici, che le manterrà elastiche;
- massaggiare la zona del collo-spalle, del collo-torace e viceversa;
- allungare tutti i muscoli del collo facendo ‘boccacce’;
- palpare leggermente la base del collo fino a provocare colpi di tosse per espellere il muco accumulatosi durante la notte;
- ruotare lentamente la testa alternativamente verso destra e verso sinistra, cercando, allo stesso tempo di allungare al massimo i muscoli del collo per mantenerli elastici;
- effettuare movimenti rotatori con la lingua attorno ai denti, prima in un’arcata e poi nell’altra, e ripetere l’esercizio più volte;
- spingere la punta della lingua quanto più indietro possibile fino a sfiorare prima una tonsilla e poi l’altra
Anche l’odorato può essere rieducato con appositi esercizi. Inspirare, trattenere il respiro e poi chiudere rapidamente la bocca. Quindi, mantenendo sempre la bocca chiusa, fare dei rapidi movimenti di spinta della lingua verso il palato così da spingere l’aria della bocca verso le fosse nasali. Questo ‘pompaggio’ fa defluire l’aria dalle narici verso l’esterno, ma la richiama anche verso l’interno. In questo modo il passaggio dell’aria mantiene efficiente il senso dell’odorato. Una volta appreso il meccanismo, l’esercizio può essere attuato in qualsiasi momento per percepire gli odori ambientali.
Non bisbigliare, ma provare sempre a emettere qualunque tipo di suono dalla gola.
Revisione critica del testo: C. Bergamini (Struttura Complessa di Oncologia medica 3 – ‘Tumori Testa-Collo’, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori - Milano)
Traduzione ed editing: C. Di Loreto (Aimac)
Aimac ringrazia AILAR Associazione Italiana Laringectomizzati per aver contribuito in maniera gratuita alla realizzazione di questo libretto.
Questa pubblicazione è stata realizzata nell’ambito del Progetto “Per mano: percorsi socio-assistenziali per le famiglie colpite da tumori pediatrici” - avviso n. 1/2023 – finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Prima edizione: settembre 2024
Titolo originale dell’opera: Understanding Cancer of the Larynx
Aimac è grata a MacMillan Cancer Support (www.macmillan.org.uk) per aver concesso in esclusiva l’utilizzazione di questo libretto e per aver consentito al Comitato Scientifico di adattarlo ai fini di una migliore comprensione da parte di pazienti, parenti e amici e di adeguarne il contenuto alla realtà del Servizio Sanitario Nazionale, alla cultura, alle abitudini e ai rapporti medico-infermiere-paziente del nostro Paese.
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