- Prestazioni assistenziali
- Prestazioni previdenziali
- Assistenza sanitaria
- Tutela giuridica del malato lavoratore
Prestazioni assistenziali
Che cosa si intende per prestazioni assistenziali?
Si tratta di provvidenze sociali od economiche che lo Stato riconosce a tutti i malati (cittadini italiani, cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea residenti in Italia, cittadini extra-comunitari o apolidi in possesso della carta di soggiorno o con permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno) che si trovino in condizione di disagio economico e sociale.
Quali sono le prestazioni economiche di natura assistenziale?
Pensione di inabilità civile (età lavorativa 18 – 66 anni e 7 mesi); assegno di invalidità civile (età lavorativa 18 – 66 anni e 7 mesi); indennità di accompagnamento (nessun limite di età); indennità di frequenza (età inferiore ai 18 anni). La differenza tra queste indennità è data dalla gravità dello stato invalidante determinato dalla malattia, dall’età del beneficiario e, tranne che per l’indennità di accompagnamento, dal reddito annuo personale.
Il malato di cancro può essere riconosciuto invalido civile?
Si. Secondo le tabelle ministeriali di valutazione (D. M. Sanità 5/2/1992), sono tre le percentuali di invalidità civile per patologia oncologica:
- 11%: prognosi favorevole e modesta compromissione funzionale;
- 70%: prognosi favorevole, ma grave compromissione funzionale;
- 100%: prognosi infausta o probabilmente sfavorevole, nonostante l’asportazione del tumore.
Come si fa per ottenere il riconoscimento dell’invalidità e del handicap?
La domanda di riconoscimento dello stato di invalidità e di handicap deve essere presentata all'INPS esclusivamente per via telematica.
La procedura si articola in due fasi distinte ma connesse tra loro. La prima fase prevede che il medico curante (medico di medicina generale o oncologo medico) invii per via telematica all'INPS il certificato medico digitale che attesta la patologia oncologica, le terapie in atto e lo stato obiettivo di salute del paziente. Copia del certificato viene consegnata all'interessato unitamente alla ricevuta di trasmissione con il numero di certificato che dovrà essere indicato dal malato all'atto dell'invio della domanda telematica all'INPS. La seconda fase della procedura deve avvenire entro 90 giorni dall'invio del certificato medico digitale e si realizza mediante la compilazione e l'invio, da parte del malato, della domanda di riconoscimento dell'invalidità civile e dell'handicap.
Nel modulo della ASL è richiesto di barrare una o più caselle che indicano accertamenti di diversa natura. Quali riquadri è bene segnare?
Per evitare di doversi sottoporre più volte alla visita medico-legale della ASL è consigliabile chiedere il riconoscimento contestuale di: invalidità civile (L. 118/1971), handicap (L. 104/1992) e, se del caso, collocamento obbligatorio (L.68/1999). Se ricorrono i requisiti è opportuno contrassegnare anche la richiesta di indennità di accompagnamento (L.18/1980, L.508/1988, D. lgs.509/1988) o di frequenza nel caso di minori (L.289/1990).
Qual è la procedura e quali sono i tempi per ottenere il riconoscimento dell’invalidità?
La legge 80/2006 prevede che in caso di patologia oncologica la procedura sia molto rapida. La persona malata nel compilare la domanda telematica deve segnalare all'INPS di essere affetto da patologia oncologica; la Commissione medica per l'accertamento dell'invalidità civile della ASL dovrà quindi convocare a visita il richiedente entro quindici giorni dalla data di presentazione della domanda e l’accertamento dello stato invalidante avrà efficacia immediata salvo che la Commissione medica di verifica dell’INPS ritenga di sospenderne gli effetti per effettuare accertamenti ulteriori.
Che cosa si può fare se la gravità delle condizioni del malato gli impediscono di recarsi alla ASL per essere sottoposto alla visita della Commissione medica?
Nel caso in cui il trasporto del malato non sia possibile oppure ne potrebbe mettere in grave pericolo la vita, è possibile richiedere la visita domiciliare. La richiesta deve essere supportata da adeguata certificazione medica che attesti l’impraticabilità del trasporto. La Commissione medica della ASL, nel caso ritenga giustificata la visita domiciliare, si recherà presso il domicilio o nel luogo di cura presso cui è ricoverata la persona malata per sottoporla a visita.
Il malato può farsi accompagnare dal medico di fiducia alla visita della commissione medica della ASL?
Si, è un diritto riconosciuto dalla legge. È certamente consigliabile che il malato si faccia assistere dall’oncologo o dal medico di famiglia o da un medico legale durante la visita medica anche perché oltre ad essere rassicurato dalla presenza del medico di fiducia quest’ultimo potrà illustrare adeguatamente alla Commissione la documentazione clinica, le caratteristiche della malattia e le disabilità temporanea o permanente che essa ha determinato.
Nel caso in cui l’invalidità venga riconosciuta per un periodo di tempo limitato (ad esempio uno o due anni) che cosa deve fare il malato?
Prima dello scadere del periodo indicato nel verbale di invalidità è interesse del malato essere sottoposto nuovamente a visita medica per evitare la decadenza dei benefici derivanti dall'accertamento dello stato invalidante. Di norma riceverà una convocazione per la visita di revisione da parte della Commissione medica della ASL nelle settimane che precedono la scadenza. In caso contrario, sarà opportuno che l’interessato si attivi per richiedere telematicamente all'INPS di essere sottoposto alla visita per il rinnovo dell’accertamento delle condizioni di invalidità e di handicap. Presentando la domanda di revisione prima della scadenza si evita l'interruzione delle prestazioni assistenziali poiché gli effetti della visita decorrono dalla presentazione della domanda.
Se, dopo aver ottenuto l’accertamento dello stato invalidante, la malattia progredisce e le condizioni del malato peggiorano cosa bisogna fare?
Si può presentare, sempre per via telematica, la domanda di accertamento dell’aggravamento dello stato di salute. Quando si verrà sottoposti a visita si dovrà esibire la documentazione clinica che certifichi tale peggioramento.
Quali sono le prestazioni riconosciute in base allo stato di invalidità?
L’accertamento dello stato in invalidità civile e/o di handicap dà diritto a prestazioni socio-economiche, che dipendono dal grado di invalidità riconosciuta, dall’età e dal reddito. Il reddito si può autocertificare compilando online l’apposito modulo fornito dall’INPS, che potrà comunque effettuare accertamento d’ufficio.
Al riconoscimento dell’invalidità civile del 100%, consegue il diritto alla pensione di inabilità (13 mensilità annue di 333,33 euro per l’anno 2024) se il reddito annuo personale non supera 19.461,12 e all’esenzione totale dal ticket per farmaci e prestazioni sanitarie. Se l’invalidità accertata è pari o superiore al 74% e fino al 99% si ha diritto all’assegno di invalidità (13 mensilità annue di 333,33 per l’anno 2024) se il reddito annuo personale non supera 5.725,46 e se il malato è privo di occupazione ed iscritto alle liste speciali del collocamento obbligatorio.
In entrambi i casi, superati i 66 anni e 7 mesi di età l’assegno o la pensione, se persiste lo stato di invalidità, si trasformano in assegno sociale.
Quando ha inizio la decorrenza dell’assegno di invalidità?
L’effettiva erogazione dell'assegno, che è di competenza dell’INPS, spesso avviene diversi mesi dopo la presentazione della domanda di accertamento dell’invalidità ma il diritto alla prestazione economica matura dal mese successivo alla presentazione di detta domanda. All’atto del primo pagamento, pertanto, l’INPS verserà in un’unica soluzione tutte le mensilità arretrate maggiorate degli interessi legali maturati nel frattempo. Gli assegni successivi, invece, verranno corrisposti mensilmente.
Nel caso in cui non venga riconosciuta l’invalidità o l’handicap cui si ritiene di aver diritto che cosa si può fare?
Entro e non oltre sei mesi dalla data di ricevimento del provvedimento sfavorevole, si deve impugnare giudizialmente il verbale con il patrocinio di un legale di fiducia. Dal 1° gennaio 2012 il ricorso, alla sezione lavoro e previdenza del Tribunale territorialmente competente in base al luogo di residenza dell’invalido, deve essere preceduto necessariamente da un'istanza di accertamento tecnico-preventivo diretta al medesimo Tribunale competente.
È vero che ai malati di cancro spetta l’indennità di accompagnamento?
Il diritto a percepire detta indennità può essere collegato alla patologia oncologica, ma non ne è conseguenza necessaria. Infatti, il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento deriva dalla sussistenza di problemi di deambulazione o di autonomia nello svolgimento delle normali attività della vita quotidiana (alimentazione, igiene personale, vestizione) che possono affliggere anche un malato di cancro. Pertanto, solo nel caso in cui la persona malata si venisse a trovare in condizioni di grave difficoltà di deambulazione o di autonomia, anche se solo per un periodo di tempo limitato, avrebbe diritto di vedersi riconosciuta l’indennità di accompagnamento.
Qual è l’iter da seguire per ottenere l’indennità di accompagnamento?
Anche le domande per l’indennità di accompagnamento devono essere presentate esclusivamente all'INPS per via telematica, se del caso contestualmente alla domanda di riconoscimento dello stato di invalidità o di handicap. La certificazione medica digitale che precede e accompagna la domanda per l’indennità di accompagnamento deve attestare che “la persona è impossibilitata a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore” oppure che “la persona necessita d’assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita”.
A quanto ammonta l’indennità di accompagnamento?
L’importo dell’assegno è pari a 531,76 (anno 2024) per 12 mensilità; è cumulabile con la pensione di inabilità, non è vincolato da limiti di reddito e di età e non è reversibile agli eredi.
Quando ha inizio la decorrenza dell’indennità di accompagnamento?
Anche per l’indennità di accompagnamento, l’effettiva erogazione dell'assegno, che è di competenza dell’INPS, spesso avviene diversi mesi dopo la presentazione della domanda, ma il diritto alla prestazione economica matura dal mese successivo alla presentazione di detta domanda. All’atto del primo pagamento l’INPS verserà, infatti, in un’unica soluzione tutte le mensilità arretrate e i relativi interessi legali maturati nel frattempo. Gli assegni successivi verranno corrisposti mensilmente.
Si ha diritto all’indennità di accompagnamento anche in caso di ricovero?
No, l’erogazione dell’indennità viene sospesa nel caso in cui il malato sia ricoverato gratuitamente, per più di trenta giorni, in un istituto pubblico o privato convenzionato con pagamento della retta a carico dello Stato o di un ente pubblico. Il titolare dell’indennità di accompagnamento, che venga ricoverato gratuitamente per un mese o più in una struttura, anche per motivi riabilitativi, è tenuto a darne tempestiva comunicazione all'INPS che provvederà a sospendere il versamento per il periodo di ricovero.
Il titolare dell’indennità di accompagnamento è tenuto a dichiarare la sussistenza dei requisiti per continuare a percepire l’assegno?
Entro il 31 marzo di ogni anno il titolare dell’indennità, o un suo delegato, deve presentare una dichiarazione di responsabilità sulla circostanza che il beneficiario non sia ricoverato gratuitamente in istituto, utilizzando il modulo che l’INPS invia direttamente al domicilio dell’interessato. Nella dichiarazione è richiesto, infatti, di specificare che non vi sia ricovero in istituti di lungodegenza o in cliniche per la riabilitazione, con retta interamente a carico di enti pubblici.
Qualora venga respinta la domanda per ottenere l’indennità di accompagnamento cui si ritiene di aver diritto, che cosa si può fare?
Le modalità per la presentazione del ricorso nel caso di diniego dell’indennità di accompagnamento sono le stesse applicate per il mancato riconoscimento dello stato di invalidità e di handicap (v. sopra). Pertanto, entro e non oltre sei mesi dalla data di ricevimento del provvedimento sfavorevole è necessario impugnarlo giudizialmente, con il patrocinio di un legale di fiducia.
Il malato minorenne ha diritto all’indennità di frequenza?
Si. L’indennità di frequenza (L. 289/90) è una prestazione di assistenza riservata ai minorenni affetti da patologie tumorali che presentino difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età e che siano iscritti o frequentino scuole di ogni ordine e grado (compreso gli asili nido), centri terapeuti, di riabilitazione, di formazione o di addestramento professionale in condizioni di invalidità anche meno gravi di quelle che danno diritto all’indennità di accompagnamento.
L’indennità di frequenza è incompatibile con qualsiasi forma di ricovero e con l’indennità di accompagnamento.
A chi ci si deve rivolgere per ottenere l’indennità di frequenza? E qual è la documentazione da presentare?
La domanda, eventualmente contestuale a quella per l’handicap (legge 104/1992) , deve essere presentata all'INPS esclusivamente per via telematica, dal legale rappresentante del minore (genitore, tutore, curatore) nei 30 giorni successivi all'invio (sempre per via telematica all'INPS) della certificazione medica digitale che attesti lo stato di salute del minore e che riporti esplicitamente la seguente dicitura: “minore con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età”. Inoltre, la richiesta deve essere completata da documentazione amministrativa che attesti l’iscrizione o la frequenza del minore a trattamenti terapeutici o riabilitativi, a corsi scolastici o a centri di formazione o addestramento professionale; detta certificazione deve essere re-inviata ogni anno. Al compimento del diciottesimo anno di età, se lo stato di invalidità persiste, è necessario che l’interessato presenti una nuova domanda all'INPS per ottenere le prestazioni assistenziali riservate ai maggiorenni, poiché l’accertamento sanitario compiuto in precedenza non ha più valore. È opportuno che la nuova istanza venga presentata appena compiuta la maggiore età poiché i benefici assistenziali spettanti decorreranno dal mese successivo alla presentazione della domanda.
Da quando decorre l’indennità di frequenza?
Se il minore ha già ottenuto il riconoscimento dei requisiti sanitari da parte della ASL, l’erogazione dell'assegno decorre dal mese successivo a quello di inizio del trattamento terapeutico o riabilitativo, ovvero del corso scolastico o di formazione o di addestramento professionale. Se, invece, i requisiti sanitari devono ancora essere riconosciuti, l’assegno viene corrisposto a partire dal mese successivo alla data di presentazione della domanda. Anche in questo caso, qualora si verifichi un ritardo nell’erogazione dell’assegno, al momento del primo pagamento saranno corrisposte in un’unica soluzione tutte le mensilità arretrate e i relativi interessi legali, mentre gli assegni successivi saranno erogati su base mensile per tutta la durata del trattamento o della frequenza del corso.
Qual è l’importo dell’indennità di frequenza?
L’indennità di frequenza, erogata per la durata delle cure o la frequenza del corso, ammonta a 333,33 (anno 2024) per un reddito annuo personale non superiore a 5.725,46 .
Nel caso in cui la domanda per l’indennità di frequenza venga rigettata che cosa si può fare?
Le modalità per la presentazione del ricorso nel caso di diniego dell’indennità di frequenza sono le stesse applicate per il mancato riconoscimento dello stato di invalidità e di handicap (v. sopra). Pertanto, entro e non oltre sei mesi dalla data di ricevimento del provvedimento sfavorevole è necessario impugnarlo giudizialmente, con il patrocinio di un legale di fiducia.
Prestazioni previdenziali
Che cosa si intende per prestazioni previdenziali?
Sono le prestazioni e i servizi erogati in favore dei lavoratori (dipendenti, autonomi o parasubordinati) iscritti agli enti o alle casse di previdenza in favore dei quali siano stati versati contributi previdenziali e che siano affetti da infermità fisica o mentale a causa di malattie gravi ed invalidanti.
Quali sono i benefici economici di natura previdenziale?
L'assegno ordinario di invalidità, la pensione di inabilità e l'assegno mensile per l’assistenza personale e continuativa ai pensionati per inabilità. E bene sapere che le prestazioni erogate in caso di invalidità, come anche i requisiti e l’iter procedurale per accedervi, possono cambiare a seconda della gestione previdenziale cui è iscritto il lavoratore. Le informazioni che seguono si riferiscono alla disciplina previdenziale prevista per i lavoratori iscritti all’INPS la quale potrebbe essere parzialmente diversa rispetto a quella che regola altri enti assicurativi o casse di previdenza professionale. Pertanto, qualora il malato sia iscritto a gestioni previdenziali diverse dall’INPS, sarà opportuno che assuma altre informazioni direttamente dal proprio ente o cassa di previdenza.
Quali sono i requisiti per avere diritto all’assegno ordinario di invalidità INPS?
- l’infermità fisica o mentale è tale da ridurre permanentemente la capacità lavorativa, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, a meno di un terzo;
- è iscritto all’INPS da almeno 5 anni;
- ha un’anzianità contributiva di almeno 5 anni, anche non continuativi (260 contributi settimanali), di cui almeno 3 anni (156 settimane) versati nel quinquennio precedente la domanda di assegno ordinario di invalidità.
La malattia che comporta lo stato di invalidità deve essere insorta necessariamente dopo l’iscrizione all’INPS oppure può essere preesistente?
In base all’art. 1, co. 2, L. 222/1984, si ha diritto all’assegno ordinario di invalidità anche se l’invalidità è preesistente al rapporto assicurativo, purché successivamente le condizioni di salute siano peggiorate o siano insorte nuove infermità.
L’assegno ordinario di invalidità è compatibile con il lavoro?
Si, è proprio questa la caratteristica principale dell’assegno in questione; il beneficiario può continuare a prestare la sua attività di lavoro pur percependo l’assegno ordinario di invalidità che serve a riequilibrare economicamente la diminuita capacità di guadagno.
Qual è la procedura da seguire per richiedere l’assegno ordinario di invalidità?
La domanda di assegno ordinario di invalidità deve essere presentata all’INPS esclusivamente per via telematica allegando anche la certificazione medica modello SS3. La procedura si articola in due fasi distinte ma connesse tra loro. La prima fase prevede che il medico certificatore invii per via telematica all'INPS il certificato medico digitale attestante l’infermità fisica o mentale che ha ridotto la capacità lavorativa. Copia del certificato viene consegnata all'interessato unitamente alla ricevuta di trasmissione con il numero di certificato che dovrà essere indicato dal malato all'atto dell'invio della domanda telematica all'INPS. La seconda fase della procedura deve avvenire entro 90 giorni dall'invio del certificato medico digitale e si realizza mediante la compilazione e l'invio, da parte del malato, della domanda di invalidità previdenziale.
Quando ha inizio la decorrenza dell’assegno ordinario di invalidità?
L’effettiva erogazione dell'assegno può avvenire dopo diversi mesi dalla presentazione della relativa domanda all’INPS, ma il diritto alla prestazione economica matura dal mese successivo alla presentazione di detta domanda. All’atto del primo pagamento l’INPS, infatti, verserà tutte le mensilità arretrate maggiorate degli interessi legali maturati nel frattempo. Gli assegni successivi, invece, verranno corrisposti mensilmente.
L’assegno viene assegnato in via definitiva o per un periodo determinato?
L’assegno viene concesso per tre anni, dopo i quali su domanda del beneficiario, può essere confermato per altre due volte consecutive sempre per un periodo di tre anni. Dopo il terzo rinnovo diventa definitivo fino al conseguimento della pensione.
Che cosa si può fare se la domanda di assegno ordinario di invalidità viene respinta?
L’interessato deve presentare ricorso direttamente online, entro novanta giorni dalla data di ricevimento della lettera di notifica del provvedimento di diniego, al Comitato Provinciale dell’INPS che deve pronunciarsi, entro i successivi novanta giorni. Se anche il Comitato Provinciale si esprime in modo sfavorevole, oppure se non emette alcun parere nei novanta giorni dalla presentazione del ricorso amministrativo, è necessario ricorrere alla sezione lavoro e previdenza del Tribunale del luogo di residenza, con il patrocinio di un avvocato di fiducia. Dal 1° gennaio 2012 il ricorso giudiziale deve essere preceduto necessariamente da un'istanza di accertamento tecnico-preventivo diretta al medesimo Tribunale competente. L'impugnazione giudiziale deve avvenire entro e non oltre il termine di decadenza di tre anni dalla comunicazione del diniego o dalla data di scadenza del termine (novanta giorni) entro cui il Comitato Provinciale dell’INPS avrebbe dovuto emettere una decisione.
Che cosa succede quando il lavoratore che percepisce l’assegno ordinario di invalidità decide di andare in pensione?
Alla cessazione dell'attività lavorativa, raggiunta l'età pensionabile ed in presenza dei requisiti di assicurazione e contribuzione per il collocamento in quiescenza, l’assegno si trasforma in pensione di vecchiaia. Il periodo in cui il lavoratore ha percepito l'assegno d'invalidità viene considerato utile per la maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, anche se non sono stati versati contributi previdenziali da lavoro.
L’assegno ordinario d’invalidità è reversibile ai superstiti?
No, non è prevista la reversibilità.
A che cosa ha diritto il lavoratore malato che non sia più in grado di lavorare?
Il lavoratore dipendente, autonomo o parasubordinato che non è più in grado di lavorare per infermità, ha diritto alla pensione di inabilità.
Quali sono i requisiti per ottenere la pensione di inabilità INPS?
Il lavoratore dipendente, autonomo o parasubordinato malato di cancro ha diritto all’assegno ordinario di invalidità se:
- l'infermità fisica o mentale è tale da provocare l’assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualunque attività lavorativa;
- è iscritto all’INPS da almeno cinque anni;
- ha un’anzianità contributiva di almeno cinque anni, anche non continuativi (260 contributi settimanali), di cui almeno tre anni (156 settimane) versati nel quinquennio precedente la domanda di pensione.
Come si richiede la pensione di inabilità?
La domanda di pensione di inabilità deve essere presentata all’INPS esclusivamente per via telematica allegando anche la certificazione medica modello SS3. La procedura si articola in due fasi distinte ma connesse tra loro. La prima fase prevede che il medico certificatore invii per via telematica all'INPS il certificato medico digitale attestante l’infermità fisica o mentale che ha ridotto la capacità lavorativa. Copia del certificato viene consegnata all'interessato unitamente alla ricevuta di trasmissione con il numero di certificato che dovrà essere indicato dal malato all'atto dell'invio della domanda telematica all'INPS. La seconda fase della procedura deve avvenire entro 90 giorni dall'invio del certificato medico digitale e si realizza mediante la compilazione e l'invio, da parte del malato, della domanda di invalidità previdenziale.
La domanda all’INPS può essere presentata soltanto quando il lavoratore è in servizio?
No. L’istanza di pensione di inabilità può essere presentata anche dopo la cessazione del lavoro e indipendentemente dai motivi che l’hanno determinata.
Da quando decorre la pensione di inabilità?
Poiché la pensione di inabilità è riservata alle persone malate che non sono più in grado di lavorare ed è incompatibile con qualsiasi forma di attività di lavoro, la decorrenza varia a seconda delle circostanze. Se la domanda è stata presentata dopo la cessazione dell’attività di lavoro la pensione decorre dal mese successivo a quello di presentazione della richiesta di pensione di inabilità. Nel caso in cui la richiesta venga depositata mentre ancora si lavora, la pensione decorre solo dal mese successivo a quello di cessazione dell'attività lavorativa o dalla data di cancellazione dagli elenchi dei lavoratori autonomi.
Nel caso in cui la domanda per ottenere la pensione di inabilità venga rigettata che cosa si può fare?
Le modalità per la presentazione del ricorso nel caso in cui la domanda di riconoscimento della pensione di inabilità sia stata respinta, sono le stesse sopra descritte per la mancata concessione dell’assegno ordinario di invalidità cui si rinvia (vedi sopra).
La pensione di inabilità è reversibile ai superstiti?
Si, a differenza dell’assegno ordinario di invalidità, la pensione di inabilità è reversibile.
Chi ha diritto a percepire l’assegno mensile per l’assistenza personale e continuativa?
Può chiedere l’assegno per l’assistenza personale e continuativa (L. 222/1984 art. 5) il pensionato per inabilità INPS, che non sia in grado di camminare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o che abbia bisogno di assistenza continua per compiere le normali attività quotidiane (alimentazione, igiene personale, vestizione).
Se il pensionato che percepisce l’assegno per l’assistenza personale e continuativa viene ricoverato che cosa succede?
L’assegno di assistenza non è compatibile con il ricovero in istituti di cura o assistenza a carico della pubblica amministrazione e quindi viene sospeso per la durata del ricovero.
L’assegno di assistenza è reversibile ai superstiti?
No, l’assegno di assistenza cessa di essere corrisposto alla morte del titolare.
Qual è l’iter da seguire per ottenere l’assegno di assistenza?
E’ lo stesso previsto per la pensione di inabilità. La domanda di assegno per l’assistenza personale e continuativa può essere presentata all’INPS anche congiuntamente alla richiesta per la pensione di inabilità.
Quando ha inizio la decorrenza dell’assegno di assistenza?
L’assegno di assistenza decorre dal mese successivo alla data di presentazione della domanda oppure dal mese successivo alla data di perfezionamento dei requisiti.
A quanto ammonta l’assegno?
Dal 1° luglio 2020 l'assegno di assistenza è pari a € 547,75 mensili.
Nel caso in cui venga respinta la domanda per ottenere l’assegno di assistenza cui si ritiene di aver diritto che cosa si può fare?
Le modalità per impugnare il provvedimento con cui sia stata respinta la domanda di riconoscimento dell’assegno di assistenza sono le stesse applicate per la mancata concessione dell’assegno ordinario di invalidità alle quali si rimanda (vedi sopra).
Assistenza sanitaria
Il malato ha diritto di conoscere ogni informazione relativa alle proprie condizioni di salute?
Il malato, se vuole, ha diritto di avere piena cognizione del proprio stato di salute. Pertanto, gli operatori sanitari devono comunicargli, in maniera chiara e comprensibile, la diagnosi, anche provvisoria, e le opzioni di cura utilizzando termini facilmente comprensibili o comunque adeguati alla sua condizione. In particolare, il malato ha diritto di: conoscere il nome dello specialista (o degli specialisti) e dei collaboratori che lo seguono; ricevere indicazioni sugli orari di reperibilità (anche notturna e feriale in caso di necessità) del medico di base, dello specialista, dello psicologo e del personale di sostegno. Se non vuole sapere della propria malattia, il malato ha anche diritto di rifiutare ogni informazione a riguardo indicando il familiare o la persona di fiducia cui intende delegare il rapporto con i medici.
E’ possibile prendere visione o avere copia della cartella clinica?
Si. Durante il ricovero il paziente (o un suo delegato) ed il medico di famiglia hanno diritto (L. 241/1990) di prendere visione della cartella clinica (fascicolo personale in cui sono riportati i dati di rilevanza medica riguardanti il paziente ricoverato) che contiene il diario del decorso della malattia, i risultati degli esami e delle analisi effettuate, l’indicazione analitica delle terapie praticate oltre che la diagnosi delle patologie dalle quali è affetto. Dopo la dimissione ospedaliera, il malato può avere copia integrale della cartella clinica che gli deve essere consegnata entro 30 giorni dalla richiesta o immediatamente in caso di urgenza documentata. Oltre al diretto interessato, possono comunque ottenere copia della cartella clinica: la persona delegata dal malato, l’esercente la potestà genitoriale o il tutore, nel caso di minori; il tutore nell’interesse dell’interdetto; il medico curante.
La relazione medica è un diritto del paziente?
Sì. Sia durante il ricovero che dopo le dimissioni, qualora si ritenga opportuno procedere a consulto medico esterno alla struttura o in qualsiasi altro caso in cui sia necessaria una sintesi della situazione clinica, il paziente ha diritto ad ottenere una relazione medica dettagliata che illustri la diagnosi, il decorso clinico, il risultato degli accertamenti diagnostici significativi effettuati, le terapie praticate, nonché l’eventuale programma terapeutico e diagnostico successivo alle dimissioni.
Che cosa si intende per consenso informato al trattamento?
Il consenso informato è l’accettazione consapevole e volontaria di un trattamento sanitario. Il paziente ha diritto ad avere dal medico spiegazioni sulla sua situazione e sulle diverse opzioni terapeutiche che gli consentano di valutare, anche in relazione alla propria capacità di comprensione ed alla condizione psicologica, l’informazione ricevuta, al fine di poter scegliere coscientemente e volontariamente di seguire il piano terapeutico proposto dai curanti.
I malati di cancro hanno diritto all’assistenza protesica?
Tra le diverse categorie di persone che hanno diritto a fruire gratuitamente di forniture protesiche, il D.M. Sanità n.332/1999 include: gli invalidi civili o per servizio, con invalidità accertata superiore al 33%, le donne mastectomizzate, gli amputati d’arto, gli enterostomizzati o urostomizzati, i laringectomizzati, anche se in attesa del riconoscimento di invalidità.
Per il malato di cancro è prevista una speciale esenzione dal pagamento del ticket sanitario?
Si. Il malato di cancro ha diritto all’esenzione totale dal pagamento del ticket (esenzione per patologia – cod. 048) per farmaci, visite specialistiche ed esami diagnostici per la cura del tumore da cui è affetto e delle eventuali complicanze, per la riabilitazione e per la prevenzione degli ulteriori aggravamenti. Il malato di cancro, cui sia stata riconosciuta un’invalidità civile totale (100%), ha diritto all’esenzione totale del pagamento del ticket per farmaci e visite per qualsiasi patologia (cod. C01 – invalidità totale). Può recare anche il codice C02 (indennità di accompagnamento), C03 (invalidità civile parziale), C04 (indennità di frequenza).
La durata minima della tessera di esenzione per patologia neoplastica può essere di 5 anni, 10 anni dalla prima diagnosi o illimitata, in base al tipo di patologia, secondo quanto previsto dalla circolare n.13 del 13/12/2001 e, nel caso ne ricorrano i presupposti di legge, può essere rinnovata alla scadenza.
Dove si presenta la richiesta di esenzione per patologia?
La domanda di esenzione dal ticket deve essere presentata all’Azienda Sanitaria Locale (ASL) territorialmente competente, allegando: la tessera sanitaria con il codice fiscale e la documentazione medica, specialistica o ospedaliera, attestante la patologia. La ASL, valutata la documentazione, rilascerà la tessera di esenzione, documento personale, recante il codice 048 identificativo delle patologie tumorali o, se del caso, il codice C01 ovvero invalidità civile totale..
Tutela giuridica del malato lavoratore
Il malato di cancro che lavora o che intende cominciare a lavorare dopo la malattia è protetto in qualche modo?
La tutela del lavoro per i malati oncologici è prevista e disciplinata da norme di legge e dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). Esistono alcune norme legislative e contrattuali che prevedono una tutela specifica per i lavoratori affetti da patologia neoplastica, ma, nella maggior parte dei casi, la difesa del diritto al lavoro è contenuta in norme che riguardano in generale persone disabili cui sia stata riconosciuta una certa percentuale di invalidità o uno stato di handicap grave.
Esiste una corsia preferenziale per l'assunzione delle persone che, dopo la malattia, vogliono iniziare a lavorare?
La legge n. 68/1999 sul collocamento dei disabili prevede che la persona con invalidita riconosciuta superiore al 46% ha diritto ad iscriversi nelle liste speciali del collocamento obbligatorio. Le imprese e gli enti pubblici hanno l'obbligo di assumere gli iscritti nelle liste speciali in numero proporzionale alle dimensioni della singola impresa o ente. Pertanto anche i malati di cancro, cui sia stata riconosciuta un'invalidità superiore al 46%, hanno diritto ad essere assunti obbligatoriamente ai sensi di detta normativa.
Vi sono facilitazioni riguardo alla sede di lavoro?
Nel caso di assunzione per concorso in un ente pubblico, il malato riconosciuto invalido con percentuale superiore al 67%, può scegliere prioritariamente la sede più vicina al proprio domicilio tra quelle disponibili e ha diritto di precedenza nella scelta della sede nel caso in cui decida di chiedere il trasferimento (art. 21 L. 104/1992). Se, invece, è stato riconosciuto lo stato di handicap in situazione di gravità, il lavoratore malato dipendente pubblico o privato ed il familiare che lo assiste, hanno diritto ad ottenere, compatibilmente con le esigenze del datore di lavoro, il trasferimento alla sede di lavoro più vicina al domicilio del malato e non possono essere trasferiti contro la loro volontà (art. 33 L. 104/1992).
Il lavoratore malato di cancro ha diritto ad assere assegnato a mansioni adeguate al suo stato di salute ed alla mutata capacità lavorativa?
Certamente sì, poiché il lavoratore disabile ha diritto di essere assegnato a mansioni adeguate alla sua capacità lavorativa e, in caso di aggravamento delle sue condizioni di salute con conseguente riduzione o modifica della capacità di lavoro, ha diritto di essere assegnato a mansioni equivalenti o anche inferiori mantenendo in ogni caso il trattamento economico e giuridico corrispondente alle mansioni di provenienza se più favorevoli. Solamente nel caso in cui il lavoratore disabile non possa essere assegnato a mansioni confacenti al suo stato di salute, il datore di lavoro potrà risolvere il rapporto di impiego.
Il malato ha diritto ad assentarsi dal lavoro per curarsi senza perdere retribuzione? È previsto un analogo diritto per il familiare che lo assiste?
Il malato riconosciuto portatore di “handicap in situazione di gravità” ha il diritto di usufruire di permessi lavorativi retribuiti e analoga facoltà è concessa anche al familiare che assiste il malato. L’art. 33 della L. 104/1992 fissa i limiti dei permessi come segue: - il lavoratore con disabilità può assentarsi dal lavoro per 2 ore giornaliere o 3 giorni mensili a scelta; - il familiare che assiste la persona malata può assentarsi per 3 giorni al mese sempre che il malato non sia ricoverato. Inoltre, il malato al quale sia stata riconosciuta un’invalidità superiore al 50% ha diritto a 30 giorni all'anno (anche non continuativi) di congedo retribuito per cure mediche connesse con lo stato di invalidità (art. 7 D. lgs. 119/2011). Tali permessi si sommano ai giorni di malattia previsti dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato alla categoria di appartenenza. L’art. 42 del D. lgs. 151/2001 riconosce al coniuge convivente con il malato con handicap in situazione di gravità il diritto, il diritto ad un periodo di congedo retribuito, continuativo o frazionato, per un massimo di due anni nell’arco dell’intera vita lavorativa. In mancanza del coniuge o in caso di impossibilità a prendersi cura del congiunto, detto congedo retribuito può essere fruito dal genitore anche adottivo e non convivente, dal figlio (purché convivente con il genitore) o dal fratello o sorella convivente con il soggetto con handicap in situazione di gravità. Anche in assenza di riconoscimento dello stato di invalidità o di handicap in situazione di gravità, il lavoratore ha diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all'anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge o di un parente entro il secondo grado o del convivente, purché la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica (art. 4 L. 53/2000).
Esistono anche dei congedi non retribuiti?
I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, fra i quali le patologie invalidanti e, quindi, la patologia neoplastica un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni. Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcuna attività lavorativa. Il congedo non è computato nell'anzianità di servizio, né ai fini previdenziali; comunque, il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria (art. 4 L. 53/2000). Il congedo biennale non retribuito non è cumulabile con l'analogo congedo biennale retribuito.
Qual è la disciplina relativa al lavoro notturno?
Il malato di cancro può evitare di prestare la propria attività lavorativa in orario notturno presentando al datore di lavoro la certificazione, rilasciata dal medico competente, che dichiari la sua non idoneità al lavoro notturno. Inoltre, nel caso in cui l'inidoneità alla prestazione di lavoro notturno (sempre accertata dal medico competente) sopraggiunga a causa del peggioramento delle condizioni di salute, il lavoratore già addetto al lavoro notturno potrà chiedere ed ottenere dal datore di lavoro di essere assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili (D. lgs. 66/2003). Infine, è previsto espressamente il divieto di lavoro notturno per il lavoratore che assista un malato riconosciuto in stato di handicap grave (D. lgs. 151/2001 e D. lgs. 66/2003).
I contratti collettivi di lavoro (CCNL) come tutelano i lavoratori malati di cancro?
Alcuni CCNL del settore del pubblico impiego tutelano specificamente i malati di cancro prevedendo che, per patologie gravi che richiedano terapie salvavita come la chemioterapia, i giorni di ricovero ospedaliero o di trattamento in day hospital e i giorni di assenza per sottoporsi alle cure siano esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia normalmente previsti e siano retribuiti interamente. Ciò non solo prolunga indirettamente il periodo di comporto (spazio di tempo durante il quale il datore non può licenziare il lavoratore malato e la cui durata è stabilita dal CCNL di settore) evitando in taluni casi il licenziamento, ma garantisce al lavoratore il mantenimento dello stipendio che, altrimenti, dopo un certo periodo di assenza per malattia, sarebbe ridotto o azzerato. In altri CCNL, invece, il periodo di comporto viene aumentato fino al 50 per cento in caso di ricovero ospedaliero o di accertata necessità di cura per patologie gravi come quella oncologica.
Il malato che voglia continuare a lavorare durante le cure ad orario parziale può, finite le terapie, ritornare a lavorare a tempo pieno?
Certamente. Il lavoratore malato di cancro, se lo desidera, può chiedere al datore di lavoro di svolgere la propria attività da casa o da altro luogo diverso dalla sede di lavoro. La richiesta di telelavoro o di smart working, se accolta, deve essere formalizzata in un accordo scritto che definisca le attività da espletare e le modalità di svolgimento, le mansioni, gli strumenti, i rientri periodici in ufficio e le riunioni cui presenziare, l’eventuale termina della modalità di telelavoro e la relativa reversibilità con il rientro in ufficio su richiesta del datore di lavoro o del dipendente. E’ bene sapere che se il telelavoro viene proposto dal datore, ma il lavoratore è contrario, questi ha la facoltà di rifiutare l’offerta e ciò non costituirà, di per sé, motivo di risoluzione del rapporto di lavoro, né di modifica delle condizioni del rapporto di impiego preesistente.
Il malato che voglia continuare a lavorare durante le cure può svolgere la sua attività da casa?
Certamente. Il lavoratore malato di cancro, se lo desidera, può chiedere al datore di lavoro di svolgere la propria attività da casa. Se il datore accoglie la richiesta, ciò deve essere formalizzato in un accordo scritto che definisca le attività da espletare e le modalità di svolgimento, le mansioni, gli strumenti di telelavoro, i rientri periodici in ufficio e le riunioni cui presenziare, l’eventuale termine della modalità di telelavoro e la relativa reversibilità con il rientro in ufficio su richiesta del datore di lavoro o del dipendente. E' bene sapere che se il telelavoro viene proposto dal datore, ma il lavoratore è contrario, questi ha la facoltà di rifiutare l'offerta e ciò non costituirà, di per sé, motivo di risoluzione del rapporto di lavoro, né di modifica delle condizioni del rapporto di impiego preesistente.
Il malato di cancro ha l’obbligo di reperibilità nelle fasce orarie previste per consentire le c.d. visite fiscali?
Sia i dipendenti pubblici (DM 206/2009) che quelli privati (D.M. Lavoro 11/1/2016) sono espressamente esclusi dall’obbligo di reperibilità qualora l’assenza sia riconducibile a patologie gravi che richiedono terapie salvavita o a stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta (superiore o pari al 67%).
Se ad ammalarsi di cancro è un lavoratore autonomo o un libero professionista, quali sono i suoi diritti per tutelarsi dalle perdite economiche causate dall'impossibilità di svolgere la propria attività di lavoro?
I lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata Inps, se costretti a sospendere l'attività lavorativa a causa della patologia e delle terapie oncologiche, hanno diritto all'indennità di malattia (per circa due mesi all'anno) ed eventualmente all'indennità di degenza ospedaliera. Per i liberi professionisti iscritti a proprie Casse previdenziali di ordine, il regolamento di ciascuna cassa può prevedere forme diverse di assistenza economica (ad esempio, provvidenze assistenziali straordinarie per eventi di malattia gravi che impediscono in tutto o in parte, per un certo periodo di tempo, lo svolgimento dell'attività professionale).
Per il malato di cancro sono previste agevolazioni per il pensionamento anticipato?
Il lavoratore malato cui sia riconosciuta una invalidità superiore al 74%, indipendentemente dalla causa dello stato di invalidità (L. 388/2000, art. 80 co. 3), ha diritto, per il calcolo degli anni di servizio a fini pensionistici, al beneficio di 2 mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di lavoro effettivamente svolto in condizioni di invalidità fino al limite massimo di sessanta mesi di contributi figurativi nell'intera vita lavorativa.
La contribuzione figurativa a fini pensionistici spetta per l’intero arco lavorativo o per periodi limitati?
Il diritto alla contribuzione figurativa matura a partire dal momento in cui al lavoratore è riconosciuta un’invalidità superiore al 74% e non per gli altri periodi di lavoro. Ad esempio il lavoratore assunto nel 2003 e divenuto invalido nel 2010 ha diritto alla contribuzione figurativa ai fini pensionistici dal 2010 e non dal 2003.
Può un lavoratore cedere ad un collega in difficoltà, per solidarietà, i riposi e le ferie maturate?
Si. Dal 2015 la legge ( Art. 24 D. Lgs. 151/2015) prevede che, per solidarietà e a titolo gratuito, i lavoratori possono cedere giornate di ferie o riposo “solidali” ai colleghi di lavoro in difficoltà in modo da consentire loro di assistere i figli minori che, per particolari condizioni di salute, necessitano di cure costanti. Alcuni CCNL di settore ed alcuni contratti aziendali, nel regolamentare e dare pratica attuazione alla disciplina di riposi e ferie solidali (denominati anche Banca ore solidali) hanno ampliato la portata della norma prevedendo una disciplina di maggior favore per i lavoratori in difficoltà, riconoscendo il diritto a fruire di permessi solidali, non solo per ragioni di assistenza di figli minori, ma anche per altre situazioni di necessità dello stesso lavoratore, per “gravi e comprovati motivi documentabili”.