Le terapie a bersaglio molecolare sono il prodotto delle ricerche più recenti. Il loro meccanismo di azione si basa sulla capacità di legarsi specificamente ai bersagli molecolari identificati nelle cellule tumorali, da cui la definizione di ‘terapie mirate’. Questo particolare meccanismo ne rende altamente selettiva l’azione, con un minimo effetto sulle cellule normali, contrariamente a quanto avviene con la chemioterapia ‘classica’. Alcune terapie a bersaglio molecolare possono essere utilizzate in funzione dell’assenza o presenza di una data alterazione (Biomarcatore), in genere una mutazione genetica. Se questa è assente, la paziente non può essere sottoposta a quella specifica terapia a bersaglio molecolare (perchè sarebbe inefficace) e verrà, pertanto, trattata con le terapie disponibili più adatte al suo caso. La ricerca dei biomarcatori si esegue solitamente sui campioni di tessuto raccolti nel corso della valutazione della malattia, ma a volte può essere eseguita anche su un campione di sangue (biopsia liquida).
Nel trattamento dei tumori della mammella, le terapie a bersaglio molecolare possono essere usate, a seconda dei casi, da sole o in combinazione con la chemioterapia o con la terapia ormonale. Grazie ai progressi sempre più rapidi della ricerca scientifica, l’elenco delle terapie a bersaglio molecolare si allunga ogni anno di più, per cui si descrivono di seguito brevemente soltanto le categorie più utilizzate per il tumore della mammella.
Dato l’elevato numero di terapie a bersaglio molecolare approvate per il trattamento del tumore della mammella, è l’oncologo di riferimento della paziente a scegliere il farmaco potenzialmente più efficace sulla base delle caratteristiche del tumore e della paziente.
Anticorpi monoclonali: farmaci intelligenti in grado di riconoscere selettivamente e colpire in modo specifico alcune proteine necessarie per le cellule tumorali. Per il trattamento dei tumori della mammella gli anticorpi monoclonali più utilizzati sono trastuzumab, pertuzumab e bevacizumabbevacizumab. La somministrazione avviene per via endovenosa o sottocutanea. L’uso e la finalità del trattamento variano a seconda della fase di malattia, per cui sarà l’oncologo di riferimento a stabilire se un anticorpo monoclonale è indicato per la singola paziente.
In genere, il trattamento con anticorpi monoclonali è ben tollerato. Gli effetti collaterali più comuni insorgono di solito alla prima somministrazione del farmaco e sono rappresentati da brividi, febbre e sintomi simil-influenzali (di breve durata), mal di testa, sonnolenza. Sono, invece, rari i casi di alterazioni della funzionalità contrattile del muscolo cardiaco (raramente associato a scompenso cardiaco) e ipertensione arteriosa. Questi disturbi sono generalmente reversibili con ripristino di una normale funzionalità cardiaca alla sospensione del trattamento e con adeguata terapia cardiologica. Per tale motivo la paziente è sottoposta periodicamente a specifici esami cardiologici. Altrettanto rari sono i casi di disturbi respiratori e reazioni allergiche.
Anticorpi monoclonali farmaco-coniugati: farmaci innovativi in cui un anticorpo monoclonale è combinato con un chemioterapico. In pratica, la funzione dell’anticorpo monoclonale è quella di trasportare il chemioterapico direttamente alle cellule tumorali, riducendo in tal modo il danno a carico delle cellule normali. Per i tumori della mammella sono diversi gli anticorpi monoclonali farmaco-coniugati che trovano impiego nella pratica clinica: trastuzumab-emtansine (Kadcyla®) solo in caso di tumore HER2-positivo; trastuzumab-deruxtecan (Enhertu®), un nuovo farmaco che può essere utilizzato sia in caso di tumore HER-positivo, sia in caso di tumore HER2-low (v. pag. 10); sacituzumab govitecan per il tumore triplo negativo. Quando il farmaco arriva a contatto con la cellula tumorale, viene assorbito al suo interno. A questo punto il chemioterapico si stacca dall’anticorpo monoclonale ed agisce, provocando la morte della cellula tumorale. Finché gli anticorpi monoclonali-farmaco coniugati rimangono nel sangue, il chemioterapico non svolge la sua azione. Ciò consente di ridurre gli effetti collaterali classici della chemioterapia pur sfruttandone gli effetti sulle cellule tumorali.
Inibitori delle chinasi ciclino-dipendenti (CDK ) 4/6: farmaci approvati per il trattamento del carcinoma mammario ormonosensibile; possono essere utilizzati sia come terapia adiuvante che nella malattia metastaticamalattia metastatica. Si somministrano per via orale insieme alla terapia ormonale classica. I principali farmaci sono rappresentati palbociclib (Ibrance®), ribociclib (Kisquali®) e abemaciclib (Verzenios®). Gli effetti collaterali più comuni sono: riduzione dei globuli bianchi e dell’emoglobina, diarrea, alterazioni della funzione del fegato. Raramente ci possono essere delle alterazioni della funzione cardiaca. Per questo motivo durante il trattamento la paziente è sottoposta ad analisi del sangue e a volte a elettrocardiogramma. L’oncologo di riferimento sceglierà il farmaco più adatto in funzione delle caratteristiche della paziente e predisporrà i controlli più adeguati a seconda della terapia somministrata.
Inibitori di PARP: PARP è un enzima coinvolto nei processi di riparazione del DNA: bloccando la sua azione si può quindi causare la morte della cellula tumorale. Gli inibitori di PARP possono essere utilizzati solo in presenza di una mutazione germinale dei geni BRCA1 e 2, mentre se ne sta valutando l’impiego in presenza di mutazioni del gene Palb2; i principali sono olaparib (Lynparza®) e talazoparib (Talzenna®) che possono essere utilizzati sia come terapia adiuvante che nella malattia avanzata. Si somministrano per via orale. Gli effetti collaterali più comuni includono: abbassamento dei livelli di emoglobina e dei globuli bianchi, nausea e stanchezza, ma si tratta in genere di farmaci ben tollerati. Anche in questo caso l’oncologo di riferimento sceglierà il farmaco più adatto in funzione delle caratteristiche della paziente e predisporrà i controlli più adeguati a seconda della terapia somministrata.
Immunoterapia: con questo termine si fa riferimento a una classe di farmaci usati in oncologia che agisce stimolando le cellule immunitarie della paziente per colpire le cellule tumorali.
I farmaci immunoterapici attualmente approvati per il tumore della mammella sono pembrolizumab (Keytruda®) e atezolizumab (Tecentriq®). Entrambi possono essere utilizzati per il trattamento della malattia avanzata, mentre prembrolizumb può essere utilizzato anche come terapia neoadiuvante e adiuvante. Si somministrano per via endovenosa. Gli effetti collaterali di questi farmaci sono di tipo ‘autoimmune’, vale a dire che le cellule immunitarie della paziente oltre a colpire le cellule tumorali a volte possono colpire le cellule normali. I più comuni sono alterazioni della funzione della tiroide (ipotiroidismo), alterazioni della funzione del fegato, alterazioni a livello della cute, diarrea.
L’oncologo di riferimento sceglierà il farmaco più adatto in funzione delle caratteristiche della paziente e in base all’espressione da parte del tumore di una proteina chiamata PD-L1. Inoltre, fornirà informazioni su quali sintomi vanno tenuti sotto sorveglianza e predisporrà i controlli più adeguati a seconda della terapia somministrata.