Tutti i trattamenti antitumorali - sia sistemici (chemioterapia, ormonoterapia, ecc.) che locali (radioterapia e chirurgia) - possono compromettere temporaneamente o permanentemente la fertilità.
Chemioterapia: può comportare la riduzione o la perdita della fertilità, ma si deve considerare che le reazioni al trattamento variano da individuo a individuo, da farmaco a farmaco, in funzione della dose somministrata e anche dell'età. Tutti i chemioterapici possono danneggiare le ovaie, ma alcuni possono avere effetti più pesanti sulla fertilità. Rientrano tra questi ciclofosfamide, melphalan, busulfano, le mostarde azotate, clorambucile, procarbazina, cisplatino, tuttora usati nel trattamento dei tumori della mammella, dell'apparato genitale e dei linfomi.
Il rischio di menopausa precoce è minore se la chemioterapia viene attuata in donne al di sotto dei 35 anni. Il fatto che il ciclo mestruale continui durante il trattamento o che riprenda, durante o dopo la sua conclusione, non sempre coincide con il mantenimento della fertilità. Può, infatti, accadere che, nonostante un ciclo mestruale regolare dopo la terapia, l'ovulazione sia assente o qualitativamente scadente; parimenti, l'assenza del ciclo mestruale non necessariamente indica la mancanza dell'ovulazione.
Ormonoterapia (o terapia ormonale): si usa nel trattamento dei tumori della mammella che presentano specifiche proteine dette recettori ormonali. Il farmaco più utilizzato è il tamoxifene, da solo o associato agli ormoni analoghi del GnRH. Se somministrato da solo, il rischio di menopausa precoce è molto basso al di sotto dei 45 anni, mentre aumenta leggermente se somministrato dopo la chemioterapia. Gli analoghi del GnRH mettono a riposo le ovaie, addormentando le cellule destinate alla riproduzione, che in questo modo diventano più resistenti alla chemioterapia. Quest'effetto è generalmente temporaneo: dopo una terapia di circa due anni, il ciclo mestruale riprende entro 12 mesi nella maggior parte delle donne di età inferiore a 40 anni. Se ciò non accade, la causa non è la terapia, ma la ridotta quantità di ovociti rimasti e/o eventuali altri fattori quali stress emotivo, dimagrimento.
Chirurgia: l'asportazione dell'utero e/o delle ovaie e/o delle tube per tumori dell'apparato genitale blocca la funzione riproduttiva e la capacità dell'organismo di produrre gli ormoni; l'asportazione di un solo ovaio riduce parzialmente la fertilità. In alcuni casi è possibile ricorrere a trattamenti chirurgici mini-invasivi (conizzazione per l'asportazione di lesioni precancerose del collo dell'utero) in grado di preservare la fertilità senza peggiorare la prognosi.
Radioterapia: l'irradiazione della pelvi o dell'addome danneggia le ovaie o determina alterazioni vascolari o danni muscolari a carico dell'utero e quindi può compromettere la fertilità, ma tali effetti dipendono dalla dose erogata e dal suo frazionamento, dal campo di irradiazione e dall'età della paziente.
Anche la radioterapia per il trattamento di un tumore cerebrale può compromettere la fertilità in quanto influisce sulla secrezione degli ormoni che la regolano prodotti nell'ipotalamo e nell'ipofisi.