La diagnosi di un tumore in gravidanza (prima diagnosi o recidiva o progressione di un precedente tumore) richiede una strategia integrata da parte di un'équipe multidisciplinare che comprende un chirurgo, un oncologo, un ginecologo, un neonatologo e uno psicologo. I casi più frequenti riguardano soprattutto i tumori della mammella.
Se la diagnosi è formulata nel primo trimestre, si deve valutare insieme al medico la possibilità di interrompere la gravidanza qualora interferisca con un adeguato trattamento.
Gli effetti delle terapie sul feto variano a seconda del tipo di trattamento e della settimana di gravidanza. Mentre un intervento chirurgico che non coinvolga l'apparato riproduttivo può essere eseguito in qualunque momento e l'anestesia non ha conseguenze per il feto, la radioterapia è possibile soltanto al termine della gravidanza, perché potrebbe provocare, tra l'altro, aborto spontaneo, malformazioni, deficit a carico del sistema nervoso centrale.
Gli effetti della chemioterapia cambiano a seconda della settimana di gravidanza e dei farmaci utilizzati. In generale, si può affermare che la chemioterapia nelle prime due settimane di gravidanza può provocare l'aborto spontaneo; tra la 3a e la 10a settimana aumenta considerevolmente il rischio di malformazioni fetali; dopo la 34-35a settimana è sconsigliabile per il rischio di parto spontaneo prematuro, senza però sottovalutare le necessità terapeutiche della madre. In breve: se si decide di proseguire la gravidanza, la chemioterapia dovrebbe iniziare non prima della conclusione della 13a settimana; può essere effettuata durante il secondo ed il terzo trimestre di gravidanza con rischio di malformazioni congenite uguale rispetto alla popolazione generale, ma va eseguita in centri specializzati in quanto potrebbe comportare alcune conseguenze negative, come ridotta crescita del feto, basso peso alla nascita e parto prematuro in una piccola percentuale di casi. I dati disponibili sulla salute dei bambini nati da mamme con tumore in gravidanza sono molto rassicuranti, senza che siano stati descritti ritardi di sviluppo neurologico o altri problemi di salute.