La chemioterapia consiste nella somministrazione di particolari farmaci antitumorali che hanno l’effetto di inibire la crescita e la divisione delle cellule tumorali fino a provocarne la morte. Il trattamento può prevedere la somministrazione di un solo farmaco o di più farmaci scelti tra una vasta gamma di prodotti disponibili e largamente usati nella maggior parte dei paesi del mondo. La scelta del trattamento più indicato dipende da molti fattori, in primo luogo dal tipo e dal grado del tumore, dalle caratteristiche istologiche riscontrate sul campione di tessuto analizzato in laboratorio e dal quadro clinico (età, sesso, pretrattamento, condizioni generali). Prima di iniziare una chemioterapia il neurologo informa il paziente sul tipo di farmaco scelto in relazione al tipo di tumore e gli illustra tutti i possibili effetti collaterali. È importante comunicare al medico tutti i farmaci e gli eventuali trattamenti non convenzionali che si assumono perché alcuni prodotti potrebbero interferire con la chemioterapia.
I chemioterapici, una volta assorbiti, raggiungono qualunque distretto corporeo e purtroppo sono assorbiti anche dalle cellule sane. Queste, però, a differenza delle cellule tumorali, sono in parte capaci di riparare i danni indotti dalla terapia. Di norma si somministrano uno o più farmaci nel corso di una seduta o di alcuni giorni; poi segue una pausa di qualche settimana per dare modo all’organismo di smaltire gli eventuali effetti collaterali. Questo schema costituisce un ‘ciclo’ di trattamento. Le sedute sono in genere ambulatoriali, ma talvolta potrebbe essere necessaria una breve degenza in ospedale. Il trattamento si protrae per diversi mesi, durante i quali si è sottoposti a controlli periodici.
Per i tumori cerebrali la chemioterapia oggi si somministra più frequentemente per via orale, in associazione alla radioterapia (modalità ‘concomitante’) e/o dopo la radioterapia (modalità ‘adiuvante’).
Nei casi limitati in cui non è possibile eseguire l’intervento e neppure la biopsia, la chemioterapia può essere indicata per limitare l’espansione della massa tumorale e controllare i sintomi e segni della malattia.
Come si somministra la chemioterapia?
Nel trattamento dei tumori cerebrali la chemioterapia si somministra per lo più per via orale. I farmaci più usati sono la temozolomide o lo schema detto PCV (procarbazina, CCNU e vincristina). Altri chemioterapici (ad esempio nitrosouree, metotrexate, derivati del platino) devono essere somministrati per via endovenosa. Quattro sono le principali modalità di somministrazione endovenosa:
- attraverso un ago-cannula, un tubicino molto sottile che è inserito in una vena del braccio o dell’avambraccio;
- attraverso un catetere venoso centrale (CVC), un tubicino di plastica sottile e flessibile che s’introduce sotto cute nel torace in una vena in prossimità del cuore;
- attraverso un catetere venoso centrale a inserimento periferico (PICC), un tubicino di plastica che s’introduce attraverso la piega del gomito fino a posizionare l’estremità in una vena in prossimità del cuore;
- attraverso un catetere venoso centrale impiantabile con reservoir (detto port-a-cath), un tubicino di plastica sottile e morbido che è inserito in una vena a livello del torace ed è collegato a un piccolo serbatoio (port) proprio sotto la cute del torace.
Effetti collaterali
Le reazioni alla chemioterapia variano da soggetto a soggetto, e se anche dovessero essere spiacevoli, di solito possono essere facilmente controllate con appositi farmaci. L’importante è non pretendere di fare tutto ciò che si svolgeva prima senza sforzo e prendersi il tempo necessario per far riposare il fisico. Si deve, tuttavia, tenere presente che le attuali modalità di somministrazione e i numerosi trattamenti per prevenire gli effetti collaterali hanno reso la chemioterapia molto più tollerabile rispetto al passato.
Gli effetti collaterali dei farmaci più comunemente utilizzati nel trattamento dei tumori cerebrali come la temozolomide e le nitrosouree (fotemustina, BiCNU, CCNU) sono i seguenti:
ridotta resistenza alle infezioni: i chemioterapici distruggono le cellule tumorali, ma al tempo stesso riducono temporaneamente il numero dei globuli bianchi. Di conseguenza, aumenta il rischio di contrarre infezioni. Se la temperatura sale oltre i 38° C o compare un improvviso malessere nonostante la temperatura sia normale, rivolgersi immediatamente al medico o recarsi in ospedale. Prima di ogni seduta di chemioterapia si esegue un’analisi del sangue per controllare il livello dei globuli bianchi: se sono ancora bassi, si rimanda il trattamento o, se il livello è molto basso, si somministrano farmaci che ne stimolano la crescita;
anemia: se il livello dell’emoglobina e dei globuli rossi diminuisce, si avvertono profonda stanchezza e talvolta anche mancanza di respiro. Sono questi i sintomi dell’anemia, che possono migliorare con una terapia che stimola la crescita dei globuli rossi o anche con trasfusioni di sangue;
nausea e vomito: si possono prevenire o ridurre considerevolmente con la somministrazione di antiemetici;
diarrea: è un’evenienza rara; se si presenta, è in forma lieve e può essere controllata facilmente con i comuni farmaci antidiarroici. In ogni caso, è necessario bere molto per reintegrare i liquidi perduti;
stitichezza: si riscontra raramente come effetto della chemioterapia o della somministrazione dei farmaci usati per controllare gli effetti collaterali, come la nausea. È in ogni caso opportuno bere molto e a volte ricorrere ai lassativi;
modificazioni della cute: alcuni farmaci chemioterapici possono avere effetti sulla cute, che cambia leggermente colore e tende a disidratarsi. In caso di eruzione cutanea rivolgersi al medico curante. Sono consigliati saponi neutri ed eventualmente creme antistaminiche, ma in tal caso è necessario, in genere, rivedere il trattamento chemioterapico. È bene evitare l’esposizione diretta e prolungata al sole ovvero è raccomandato indossare abiti coprenti, cappelli e applicare creme solari ad alta protezione;
caduta dei capelli: è un effetto collaterale psicologicamente molto difficile da accettare causato da alcuni chemioterapici, ma non da tutti, tant’è che la temozolomide, utilizzata per il trattamento dei tumori cerebrali, non ha questo effetto. Di solito i capelli cominciano a ricrescere nell’arco di tre-sei mesi dalla conclusione del trattamento. Nell’attesa si può fare uso di parrucche, foulard o cappelli;
vertigini e difficoltà di respiro: sono sintomi rari; se si verificano con frequenza, è opportuno informare il neurologo;
reazioni allergiche: possono manifestarsi sotto forma di un’eruzione cutanea accompagnata da prurito, febbre, brividi, rossore localizzato al volto, senso di vertigini, cefalea, mancanza di respiro, ansia e aumento della minzione; possono presentarsi in forma lieve o severa, e in tal caso richiederanno un trattamento appropriato;
infertilità: è l’effetto permanente più comune causato da alcuni chemioterapici, ma non da tutti. Nell’uomo, pur rimanendo immutata la capacità di raggiungere l’orgasmo e l’eiaculazione, la produzione degli spermatozoi cessa. Per i pazienti più giovani è consigliato depositare un campione di sperma presso una banca del seme (v. pag. …).
Nella donna, le mestruazioni diventano irregolari o si arrestano durante il trattamento e di solito si ripristinano alla sua conclusione. Tuttavia, nell’età vicina alla menopausa fisiologica, la sospensione del ciclo indotta dalla chemioterapia può essere definitiva. In tal caso il medico può prescrivere una terapia di sostituzione ormonale che ha il solo scopo di alleviare i disturbi legati alla menopausa (vampate, secchezza della cute e della vagina, diminuzione del desiderio sessuale), ma non ripristina la fertilità. Per limitare il rischio di sterilità, si consiglia di ricorrere a una tecnica di preservazione della fertilità, da scegliere tenendo conto dell’età della paziente, del tempo a disposizione e del tipo di tumore.
Contraccezione e chemioterapia
Durante il trattamento è sconsigliabile iniziare una gravidanza, perché i chemioterapici agiscono a livello del DNA cellulare, e siccome nelle 48 ore successive alla seduta di terapia possono essere presenti nella secrezione vaginale eventuali tracce di farmaco, aumenta il rischio di malformazioni fetali. È, pertanto, consigliabile usare un metodo contraccettivo efficace per tutta la durata del trattamento e anche per alcuni mesi dopo la sua conclusione. La paura di un concepimento non deve in alcun modo indurre a rinunciare alla propria vita sessuale.