Convegno dal titolo "Assistenza e sorveglianza del paziente oncologico guarito"
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Al momento sono circa 14.000 in Italia i soggetti lungosopravviventi e guariti dopo una malattia tumorale ed ogni anno circa 700 bambini terminano il trattamento e sono da considerare, per la maggior parte, dei pazienti guariti. In Piemonte sono poco meno di 1000 le persone che hanno superato un tumore infantile e sono entrate nella vita adulta.
Il successo nei confronti del tumore può tuttavia avere conseguenze per lo stato di salute del paziente. Complicanze tardive della chemioterapia e/o della radioterapia (“late effects” della letteratura anglosassone) sono riscontrabili con frequenza e intensità differenti in relazione alla forma tumorale, alla terapia eseguita, all’età del bambino al momento del trattamento, nonché all’eventuale trapianto di midollo osseo. Si possono osservare soprattutto a carico del sistema endocrino (deficit d’accrescimento staturale, alterazioni della sfera sessuale ed infertilità, disfunzioni tiroidee), dell’apparato cardiaco, del sistema nervoso centrale (alterazioni comportamentali, disturbi della memoria, encefalopatie organiche) e della sfera psicologica emotivo-relazionale. Sono anche riferiti disturbi a carico d’altri organi ed apparati, con frequenza e severità minori, quali osteoporosi, cataratta, nefropatie, epatopatie, disturbi gastroenterici, disturbi dell’apparato muscolo-schelettrico. Tra gli effetti a distanza particolarmente temibile è la comparsa di un secondo tumore (frequenza del 2-8% a 25 anni dal primo trattamento).
E’ stimato che circa il 40- 50% dei soggetti lungosopravviventi dopo un tumore infantile presenti almeno un “problema medico cronico”. Le patologie importanti sono rare nei soggetti che hanno sofferto di una leucemia acuta, ma possono presentarsi con maggior frequenza dopo tumore solido e trapianto di midollo osseo allogenico.
Poiché le complicanze tardive possono comparire anche dopo un lungo periodo di latenza, è necessario tenere sotto osservazione i pazienti per molti anni. Questa popolazione, in continuo aumento, sta quindi assumendo una dimensione considerevole e contemporaneamente diventa portatrice di nuovi bisogni che esulano dal campo prettamente medico, per sfociare in quello psicologico e sociale.
A mano a mano che ci si confronta con questa realtà ci si accorge di quanto si debba intervenire con modalità innovative, giacché l’apparato socio-sanitario è spesso impreparato a dare una risposta adeguata, in termini d’efficienza ed efficacia.
Nella maggior parte delle situazioni è l’ospedale pediatrico a farsi globalmente carico dell’assistenza e della sorveglianza di questi individui. I dati della letteratura indicano come, con il crescere del numero di pazienti guariti, la struttura pediatrica, non inserita strutturalmente e funzionalmente in un contesto di medicina dell’adulto con particolari competenze nel campo, possa manifestare limiti di efficacia nell’affrontare problematiche non più di squisita pertinenza dell’oncologo pediatra. Per contro, raramente si è osservata un’adeguata risposta della medicina dell’adulto alle problematiche di questi soggetti. Ne consegue che non trovando una risposta che soddisfi le sue richieste, il paziente spesso allenta o addirittura interrompe il rapporto con le strutture sanitarie, con conseguente rischio di ridurre la sorveglianza sugli effetti tardivi.
Il problema non è solo italiano, ma è sentito in tutti i paesi, Stati Uniti compresi. Recentemente l’American Cancer Society, una delle maggiori Società Scientifiche Nord-Americane, ha sottolineato la necessità di varare programmi multidisciplinari per gestire la transizione del paziente dalla struttura pediatrica ad un team dell’adulto dedicato, che se ne prenda carico, senza eccedere nella medicalizzazione (overmedicalization) per non creare nei pazienti e nella famiglia ansietà, paura o addirittura esasperazione, e nelle strutture sanitarie un aumento dei costi non necessario.
Presso l’Azienda Ospedaliera San Luigi di Orbassano è stato attivato un “Centro interdipartimentale per il controllo dei pazienti oncologici off-therapy” per seguire e sorvegliare i pazienti guariti dopo un tumore infantile, che abbiano raggiunto l’età adulta. L’obiettivo del “Progetto San Luigi” è quello di creare le condizioni per gestire la “transizione dalla medicina pediatrica a quella dell’adulto” con modalità culturali ed operative innovative. Quello proposto è un modello assistenziale che prenda in carico il paziente adulto guarito dopo una malattia neoplastica occorsa in età evolutiva, in cui la figura del pediatra oncologo rappresenti la memoria storica del paziente nei confronti del medico dell’adulto e punto di riferimento per il paziente stesso.
L’Azienda Ospedaliera San Luigi di Orbassano é un ospedale per adulti ad alta specializzazione, caratterizzata dalla presenza di vari specialisti e di un’unità pediatrica con personale dedicato anche all’onco-ematologia. E’ stato pertanto ritenuto il contesto strutturale e funzionale idoneo in cui svolgere questo servizio. Al suo interno é stato quindi individuato un gruppo di medici dedicati al progetto che lavorino in stretta collaborazione tra loro e con l’onco-ematologo pediatra della struttura. Dovranno essere attivamente coinvolti nel progetto il Centro di Onco-Ematologia Pediatrica di Riferimento Regionale dove la maggior parte dei pazienti piemontesi è stata curata e seguita dopo la sospensione delle cure ed i medici di famiglia, la cui consapevole partecipazione risulterà di estrema importanza.
Il Centro ha come compito anche quello di raccogliere dati epidemiologici sulle complicanze tardive e comunicarle al registro Piemontese dei Tumori Infantili ed al Registro nazionale pazienti off-therapy (ROT). Infine dovrà svolgere attività informativa.
L’informazione sulla “realtà” del paziente oncologico guarito dovrà essere allargata al contesto sociale ed ai mezzi di comunicazione. Alcuni pazienti possono, infatti, presentare problematiche connesse con il mondo del lavoro, della scuola, della vita di relazione e sociale in senso lato. I medici del lavoro, i medici sportivi, i medici assicurativi, i medici militari dovranno quindi confrontarsi con questa nuova realtà e solo lo scambio d’informazioni potrà trovare risposte a problemi che oggettivamente stanno, sempre con maggior frequenza, emergendo.
Il Congresso tenutosi al San Luigi ha cercato di fornire delle risposte operative con l’obiettivo di individuare la migliore strategia adottabile in questo momento nella realtà sanitaria piemontese. E’ per altro auspicabile che il progetto possa essere esportato ed applicato in situazioni strutturali e funzionali analoghe anche in altre regioni.. Sono intervenuti il Prof. E. Madon, il Dott. M. Jankovic della Clinica Pediatrica di Monza, il Dott. A. Pession, Presidente dell’AIEOP, della Clinica Pediatrica di Bologna, il Dott. G. Pastore del Registro Piemontese Tumori Infantili, la Sig.ra E. Postiglione in rappresentanza delle Associazioni Genitori dei pazienti pediatrici affetti da tumore, il Prof. G. Saglio ed il Prof. L. Dogliotti, ed il Prof. R. Miniero che ha illustrato il programma.
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