A. Bouregba e F. May-Levin
Ligue Nationale contre le Cancer
Parigi


Nella precedente "Etats-Généraux" di pazienti oncologici e stando a quanto riferito da coloro che hanno partecipato ai gruppi di sostegno che conduciamo da ormai cinque anni, i pazienti si lamentano spesso per la difficoltà di parlare con i propri familiari della malattia, ma anche di essere ascoltati e soprattutto di essere capiti dai loro cari.
I malati hanno bisogno di compassione, ma difficilemente riescono a trovarne quanta ne vorrebbero. Il silenzio accresce la sofferenza per la malattia. Hanno bisogno di esprimere quanto si sentano soli, di rendere gli altri partecipi del loro profondo stato di turbamento, ma ciò vuol dire indurre anche nei propri cari uno stato di turbamento e sofferenza.

Di conseguenza, ci siamo resi conto di quanto sia importante dare ai familiari del paziente l'opportunità di esprimere se stessi per sentirsi sollevati, di esternare il proprio turbamento, il proprio dolore o le proprie colpe. Bisogna aiutarli a recuperare le fila di un dialogo con il malato che si è spesso interrotto, a uscire dal mondo del male. Anche se non si tratta della loro malattia, devono comunque conviverci.
I nostri gruppi di sostegno sono nati un anno fa. Li conduco io stesso come psicologo in collaborazione con un oncologo medico. Vi prendono parte i coniugi di malati di cancro, ma anche i loro genitori o i loro figli. Il denominatore comune tra i partecipanti è la malattia del proprio congiunto, di fronte alla quale si sentono spesso prostrati e frustrati, catapultati in un "mondo" che non conoscono. La maggior parte delle volte pensare che il proprio caro potrebbe morire li fa sentire in colpa.
All'interno della famiglia insorgono nuovi problemi di fronte ai quali si potrebbe provare spesso il desiderio di fuggire. Al contrario, la malattia avvicina. Per esempio, abbiamo avuto delle ragazzine che hanno lasciato il "ragazzo" o delle mogli che si sono rinchiuse in casa per assistere il marito malato. Purtroppo reagendo così ci si dimentica di vivere la propria vita.

Coloro che si uniscono ad un gruppo di sostegno si aspettano di ricevere calore e comprensione dagli altri membri che vivono e soffrono per la stessa situazione. Anche loro voglio dare sfogo alle proprie paure e amarezze. Cercano consigli su come affrontare questa situazione : come non sentirsi colpevoli, come celare il turbamento, come rispondere a domande difficili e gestire gli sbalzi d'umore del malato.
I problemi legati alla malattia non interessano i familiari quanto, invece, interessano il malato. Anzi i familiari non chiedono domande "tecniche". La domanda più frequente è "Per quanto tempo?". Troppo spesso i medici si sbilanciano in previsioni precise, e sbagliate, che bloccano il dialogo con la famiglia.
Allo scopo di migliorare la comunicazione, di eliminare i sensi di colpa, di aiutare le persone in un frangente che non sono preparati ad affrontare, offrire sostegno ai familiari è tanto importante quanto offrirlo al malato. Aiutiamoli a proteggere il loro futuro.

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