Chi sei?
Sono Siria, donna, mamma, moglie, imprenditrice, trainer di Programmazione Neuro Linguistica, Coach e dipendente di una multinazionale. Amo la natura e la vita con tutte le sue sfide e mi piace pensare che non possiamo controllare ciò che ci accade ma assolutamente come reagire a ciò che ci accade. Sono nata a Udine ma adoro il mondo e da 5 anni vivo a Salisburgo assieme a mio marito e mio figlio di 13 anni e abbiamo scelto insieme di fare questa avventura all’estero.
Arriviamo alla comunicazione della tua diagnosi, come ti sei sentita in quel momento?
Il 28 gennaio 2018 ho scoperto un nodulo al seno, sfiorandomi mentre facevo colazione e il 30 gennaio avevo già i risultati della mammografia.: tumore al terzo stadio. Quel giorno ero sola lontana dagli affetti in Italia, mio marito in viaggio per lavoro e mi sono sentita completamente persa. Sapevo di avere mille strumenti appresi fino a quel momento e li ho subito messi in pratica, spronata dalla voglia di vivere e veder crescere mio figlio. Quegli strumenti mi hanno aiutato a fronteggiare l’operazione, la radioterapia e le terapie ormonali. Quello pero a cui non ero preparata era la fine di tutte le terapie. Il dopo… quando i coriandoli per la festa alla sopravvissuta sono stati spazzati via mi sono ritrovata sola dentro di me. Se da una parte volevo dare un senso a ciò che mi era successo, non tornando semplicemente alla vita di prima ma volendo trovare un nuovo significato, dall’altra non sapevo che pesci pigliare: provavo un grande vuoto dentro di me. Le persone mi dicevano: “Wow Siria ti trovo bene” ma dentro mi sentivo sprofondare con immensi sensi di colpa, ingrata di avercela fatta. Ho iniziato così ad allontanarmi dagli altri incolpandoli di non capirmi: tra questi “altri” c’erano anche mio marito e mio figlio. Presa in una spirale negativa, passavo dalla rabbia e frustrazione alla tristezza fino a quando un giorno una conoscente mi chiama e mi racconta che anche lei dopo un tumore era cambiata e che ora si stava addirittura separando dal marito.In quel momento ho preso una decisione: dovevo fare qualcosa, perchè anche io stavo perdendo la mia famiglia. E così mi sono buttata a capofitto alla ricerca spasmodica di qualcosa che mi potesse aiutare: libri o corsi che prendessero in considerazione il mio passato da malata oncologica e questo senso di ricerca della propria luce interiore. Non trovando nulla di specifico ho frequentato corsi in Europa e negli Stati Uniti, letto decine e decine di libri che mi aiutassero a: trovare degli strumenti concreti per trovare la mia luce, i miei talenti, le mie vere passioni per viverle e trasformarle in professione magari; ritrovare la mia femminilità dopo essermi ritrovata con un seno deturpato in modo da riconquistare il rapporto con me stessa e con mio marito e riaccendermi di passione nei confronti della vita e delle persone che amavo.
E’ nato così il progetto da Sopravvissuta a DEA: in primis un libro in procinto di uscire il prossimo autunno per aiutare le donne sopravvissute ad un tumore a trasformarsi nella Dea che è in loro, a ritrovare la propria luce per brillare e illuminare chi sta loro vicino.
Chi ti è stato accanto?
Mia mamma, mio marito con tanta pazienza, le mie care amiche e tutti i miei parenti. Ringrazio di cuore tutti
Credi che il percorso che hai o stai affrontando ti abbia reso una persona diversa?
Assolutamente sì. Credo nella cd. Crescita Post Traumatica che parte sempre e comunque da una nostra decisione e credo che il cancro mi abbia dato una spinta a contribuire e progredire che credo essere il segreto della felicità
Com’è avvenuto il tuo incontro con Aimac?
Aimac è stato sempre uno spunto sin dai primi giorni per ottenere contatti e informazioni ringrazio tutte le persone che contribuiscono alla sua esistenza
Chi sei oggi?
Oggi sono una donna consapevole, in cammino verso una destinazione di completezza, femminilità, divertimento, sorellanza e gratitudine
Perchè hai deciso di fare questa intervista?
Ho deciso di condividere la mia storia nella speranza di aiutare le donne che si trovano nella mia stessa condizione in cui mi sono trovata io tre anni fa alla fine dei trattamenti, potendo offrire loro un ponte invece di percorrere il burrone che ho percorso io per circa 2 anni.