Mi chiamo Serena, ho 53 anni e vivo in provincia di Bergamo. Più precisamente, in un posto fortemente voluto, abbastanza lontano dalla città, dal traffico e dal rumore. In questa zona collinare all'inizio della Valle Cavallina il monte che vedo dalla mie finestre custodisce un tesoro di biodiversità, dove il WWF da molti anni gestisce un'oasi e protegge la zona di riserva. Ma questa natura non ha protetto me dal tumore...
La diagnosi mi è arrivata all'inizio di febbraio 2022. Avevo da poco lasciato un lavoro sicuro, ma che mi rattristava, e stavo per iniziare una avventura come libera professionista, ma un "alieno" si è intromesso tra me e i miei progetti. Questo alieno è un sarcoma. Io non sapevo nemmeno che esistessero dei tumori chiamati sarcoma. All'inizio, durante gli accertamenti iniziali, mi rifiutavo di approfondire, non volevo sapere che cosa fosse quel nodulo che mi stava esplodendo nell'addome.
Questo è stato il periodo peggiore. Il mio terrore, che credo comune a molti malati oncologici, era rappresentato dalla difficoltà di essere presa in carico da un centro oncologico. In realtà non riuscivo nemmeno a trovare chi mi facesse una RM urgente. Per fortuna fin dall'inizio ho potuto contare sul mio compagno, che non mi ha mai lasciato sola e che mi ha sempre spronata a superare ogni difficoltà. Non è stato l'unico a starmi accanto, ho ben presente chi in quelle settimane mi ha aiutato moralmente e concretamente.
Il chirurgo che mi comunicò la diagnosi mi spiegò che cosa significa avere un tumore raro (i sarcomi rappresentano il 1% di tutti i tumori diagnosticati ogni anno). Dovevo andare in un centro specializzato, nell'ospedale della mia città non mi avrebbero operato. Non senza difficoltà organizzative e patemi d'animo, sono riuscita quindi a trasferirmi a Milano, dove sono stata sottoposta a visite, radioterapia pre operatoria e infine ad intervento chirurgico.
Il mio percorso è stato rapido grazie al supporto degli specialisti che mi hanno curato, grazie alle mie (e del mio compagno) pressioni per fare alla svelta, e grazie al fatto che vivo a 60 km dal centro oncologico di riferimento: tutti questi elementi hanno sicuramente fatto la differenza. La mia prognosi è favorevole, non ho metastasi e ora proseguo solo con il follow up. Sono consapevole tuttavia di non potermi definire guarita, considerata l'aggressività di questo tumore e le difficoltà a trattarlo.
Il percorso credo mi abbia cambiato, ma non so dire come. Non so nemmeno esattamente che cosa provo ora. All'inizio ho affrontato stupore e paura, senso di colpa e dolore al pensiero di dover comunicare la notizia ai mie cari (soprattutto a mio papà). Poi è arrivato il dolore fisico, quello acuto dopo l'intervento chirurgico. Ora mi guardo allo specchio e quella cicatrice lunga come un piede che mi taglia l'addome in diagonale mi sembra qualcosa di estraneo, ma piano piano so che la ingloberò. Ma non sarò più la "Serena" di prima.
Oggi sono una persona forse ancora traumatizzata, non solo per tutto quello che ho dovuto affrontare, ma anche per avere incrociato molta sofferenza nei malati oncologici, in particolare i malati che affrontano lunghi viaggi per potersi curare.
Oggi sono una persona che per la prima volta in vita sua sta facendo i conti con pensieri di morte, o di aspettativa di vita ridotta, ma non lo scrivo per raccogliere sentimenti di pietà, sono pensieri che elaboro in modo molto razionale. Paradossalmente è come se il futuro mi facesse meno paura, è come avere attraversato un fiume in piena e tutto sommato esserne usciti un po' ammaccati, ma ancora vivi.
Dopo l'intervento ho iniziato ad avere sete di conoscenza, volevo e voglio sapere tutto sui sarcomi (ce ne sono tanti e ognuno con caratteristiche particolari), voglio sapere come si fa a vivere con questa la spada di Damocle del rischio recidiva, voglio sapere quale sono i miei diritti, e così ho conosciuto Aimac (che ringrazio molto per tutto il supporto dato ai malati oncologici).
Ho deciso di raccontare la mia storia perché per sopravvivere ai tumori rari serve più ricerca, ma non solo, serve più consapevolezza, da parte dei pazienti, ma anche da parte dei sanitari. Io sono stata fortunata perché il mio sarcoma si è reso visibile, ma per almeno due mesi non ci ho dato peso, perché non sentivo dolore. Fino alla risonanza magnetica non pensavo assolutamente che potesse essere un tumore, quel nodulo che mi cresceva nel fianco. E' invece essenziale che qualsiasi nodulo o rigonfiamento, in qualsiasi parte del corpo compaia, venga sottoposto ad indagine, e qualora venga sospettato un sarcoma, è fondamentale rivolgersi ad un centro specializzato. Esiste in Italia la Rete Sarcomi a cui rivolgersi per ogni approfondimento.
Prima di chiudere il mio racconto, desidero ringraziare AIMAC per l'ospitalità e tutti i sanitari che mi hanno permesso di intraprendere la lunga strada verso la guarigione.
Serena